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Durante la scrittura di un libro sono sicuramente tanti i dubbi che possono assalire un autore circa la corretta modalità di scrittura di una parola. Scrivere correttamente è fondamentale per poter garantire il successo al proprio libro, sia esso un romanzo, un saggio, una semplice novella oppure altro tipo di opera. Tuttavia, in alcuni casi è del tutto normale che sorgano dei dubbi su come si scrive un termine, soprattutto quando ci si trova in situazioni di parole che si somigliano… o assomigliano.
In questo post ci soffermiamo proprio su questi due verbi, somigliare e assomigliare, per vedere quale sia più corretto, se si possono utilizzare entrambi indifferentemente ossia se sono sinonimi, oppure se hanno significato differente. In questo caso, quando si può utilizzare l’uno e quando l’altro?
Sia “somigliare” che “assomigliare” sono forme corrette e possono essere usate indistintamente nel contesto della lingua italiana moderna.
Entrambi i verbi derivano dall’aggettivo latino “simĭlis” che significa “simile”. La scelta tra i due termini dipende più dal gusto personale o dal contesto stilistico che da una regola grammaticale ferrea.
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Ci siamo inizialmente soffermati sul verbo assomigliare e abbiamo verificato che si tratta di un verbo che può essere sia transitivo sia intransitivo. Quello che tuttavia ci interessa maggiormente in questo contesto è il suo significato. Assomigliare deriva dall’aggettivo latino simĭlis che significa simile. Nelle due forme transitiva e intransitiva può essere utilizzato quindi per verificare somiglianza tra cose o persone.
Tra gli esempi riportati nel vocabolario per l’uso del verbo nella sua forma transitiva ci sono frasi del tipo era così intelligente che tutti l’assomigliavano a un genio, oppure, richiamando un esempio tratto da Machiavelli, “e assomiglio quella [fortuna] a uno di questi fiumi rovinosi“. In questa accezione, quindi, il verbo assomigliare significa ritenere una cosa oppure una persona simile a un’altra, e rappresenta un modo per paragonare due persone oppure oggetti.
Il Treccani ci riporta anche un altro esempio di utilizzo del verbo nella sua forma transitiva, stavolta citando il linguista Tommaseo, che utilizza il termine nell’accezione di rendere simile, scrivendo “il cedere agl’impulsi dell’istinto assomiglia l’uomo a’ bruti”.
Va sottolineato che la forma transitiva del verbo oggi è poco utilizzata.
Nella sua forma intransitiva il verbo assomigliare viene maggiormente utilizzato nella lingua moderna parlata e scritta. Presenta il significato di essere simile e viene utilizzato spesso accompagnato dalla particella pronominale si che indica una reciprocità. Gli esempi più classici di uso del verbo sono per evidenziare la somiglianza tra due persone, ad esempio un figlio che assomiglia al padre; per questo si può dire anche che padre e figlio si assomigliano.
Indipendentemente dal fatto che si faccia uso della forma transitiva o intransitiva va sottolineato che il verbo viene sempre utilizzato per evidenziare una somiglianza, sia essa astratta o fisica.
Continuando a sfogliare le pagine del dizionario potremo vedere che anche somigliare è un verbo che ha una doppia forma, sia transitiva sia intransitiva. Inoltre, anche somigliare deriva dall’aggettivo latino simĭlis ossia simile. Vediamo di seguito i diversi utilizzi del termine nelle sue due forme.
Nell’uso transitivo il verbo somigliare non viene utilizzato nella lingua moderna ma trova tantissimi esempi nella poetica dei grandi autori del passato. Infatti, lo si può trovare con il significato di ricordare qualcosa o qualcuno per caratteristiche fisiche o caratteriali. In questa accezione viene usato ad esempio da Petrarca nel suo Canzoniere, in cui proclama “Miriam costei quand’ella parla o ride, Che sol se stessa, e nulla altra simiglia” oppure da Vico, “a Giunone è consacrato il pavone, che con la coda somiglia i colori dell’Iride“.
Un altro significato che viene spesso dato al verbo, sempre nella sua forma transitiva, è quello di confrontare o paragonare ad altri. Anche in questo caso si tratta soprattutto di un utilizzo più arcaico, che viene ritrovato ad esempio in Boccaccio, che in un canto all’interno dei racconti del Decamerone riporta “ E tutti quanti [i fiori] gli vo somigliando Al viso di colui“.
Nella forma intransitiva, il verbo somigliare trova maggiore spazio nella lingua moderna e viene utilizzato per indicare qualcosa o qualcuno che presenta caratteristiche simili a qualcos’altro o qualcun’altro. Un bambino che somiglia al genitore oppure un oggetto che somiglia a un altro sono esempi tipici dell’utilizzo del verbo.
In alcuni casi, si può fare uso della particella pronominale si per evidenziare una somiglianza reciproca: due persone si somigliano, due persone non si somigliano affatto.
Da un primo confronto con quanto riportato fino ad ora si può facilmente verificare che nella forma intransitiva somigliare e assomigliare assumo lo stesso significato.
Anche il loro utilizzo con la particella pronominale si permette di confermare un utilizzo comune per i due verbi. Pertanto, si potrà dire che due persone si somigliano oppure si assomigliano, così come che un bimbo somiglia al genitore oppure che assomiglia al genitore. Sarai quindi libero di scrivere la forma che preferisci senza timore di sbagliare essendo entrambe corrette in italiano.
Va però evidenziato che esistono alcuni modi di dire che preferiscono l’uso di una forma piuttosto che dell’altra. Ad esempio, quando si fa uso della particella si con significato di reciprocità, si preferisce utilizzare la forma assomigliare, scrivendo quindi s’assomigliano o si assomigliano mentre è meno comune (ma non sbagliato) si somigliano. Nel modo di dire “chi si somiglia si piglia” è evidente la preferenza per somigliare piuttosto che per assomigliare. Infine, spesso i regionalismi o le forme dialettali portano a credere che una forma sia più corretta dell’altra mentre si possono utilizzare entrambe indifferentemente.
Per quanto riguarda invece la forma transitiva, entrambe le versioni del termine possono assumere il significato di paragonare, ma sono state utilizzate anche per altri significati, quali ad esempio quello di ricordare. Va però ricordato che per tutti e due i verbi la forma transitiva è praticamente caduta in disuso a favore della più comune e utilizzata forma intransitiva.
Chi nutre ancora dubbi sulle modalità di scrittura delle due forme verbali può verificare quanto riportato dall’Accademia della Crusca, la massima istituzione italiana in linguistica e filologia della nostra lingua.
Alle numerose domande circa il corretto utilizzo dell’uno o dell’altro verbo, gli studiosi della Crusca hanno evidenziato come i due verbi presentano una base etimologica unica e, inoltre, possono essere considerati equivalenti per quanto riguarda il loro significato. Tra l’altro, l’Accademia riporta anche un terzo verbo, rassomigliare, anche esso derivante dall’aggettivo simile, proprio come i due che stiamo analizzando.
Nella considerazione dei tre termini, la Crusca evidenzia come dal punto di vista puramente formale, si può considerare che somigliare, assomigliare e rassomigliare possono contenere in essi una sorta di gradualità che evidenzierebbe una similitudine sempre più vicina all’uguaglianza. Tuttavia, nel linguaggio comune, sia parlato sia scritto, tale gradualità scompare del tutto, portando i tre verbi ad essere utilizzati indipendentemente dal grado di similitudine con un altro oggetto o persona.
La differenza di significato tra la forma transitiva e intransitiva dei verbi può portare a incuriosire circa la storia della loro apparizione nell’italiano scritto. Infatti, come per tutte le parole, ricercare le prime testimonianze in documenti storici permette di verificare l’evoluzione della grafia e del significato permettendo di apprendere meglio le corrette modalità di utilizzo.
Somigliare e assomigliare appaiono nei documenti scritti già a partire dal Duecento. Va sottolineato che all’epoca, in realtà la versione predominante era la seconda, scritta però con la i, ossia assimigliare e non assomigliare. La presenza della i è di facile comprensione, essendo il verbo di diretta derivazione dal termine simile che presenta proprio la i. L’evoluzione verso la o si è avuta presumibilmente prima nel linguaggio parlato e successivamente in quello scritto, come anche in altre parole o verbi, tra cui ad esempio dimandare che nel tempo è divenuto domandare.
L’Accademia della Crusca sottolinea anche come la forma transitiva di somigliare e assomigliare, regolarmente utilizzata tra il Duecento e il Settecento, è divenuta sempre più rara fino ad essere oggi quasi mai usata.
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Durante la scrittura di un libro, di un saggio o di un articolo di giornale ogni scrittore sarà libero di preferire la forma somigliare o assomigliare, potendole utilizzare entrambe all’interno del testo oppure optando sempre per la stessa.
In questo modo potrà garantire una maggiore linearità nella modalità di scrittura, fondamentale per una buona riuscita della propria opera. Ulteriori interessanti approfondimenti su come migliorare il proprio lavoro scritto sono riportati sul nostro sito.
Non c’è una differenza sostanziale tra i due verbi. Entrambi possono essere utilizzati per indicare una somiglianza tra persone, oggetti o concetti. Sono considerati sinonimi e possono essere usati in modo intercambiabile.
Sì, puoi usare entrambi i verbi nello stesso testo, ma è preferibile mantenere una certa coerenza stilistica. Se scegli di usare “somigliare”, cerca di usarlo in modo consistente, e lo stesso vale per “assomigliare”.
No, entrambe le forme sono accettabili sia in contesti formali che informali. La scelta tra “somigliare” e “assomigliare” dipende principalmente dal tuo stile personale e dalla fluidità del testo.
Entrambi i verbi sono ampiamente utilizzati nella lingua italiana. Tuttavia, in alcune regioni o contesti, uno dei due potrebbe essere più comune. Non c’è una regola che stabilisce quale verbo sia più corretto o preferibile.
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