Il se vuole sempre il congiuntivo? Teoria, esempi, trucchi per ricordare
Tanto per cominciare ricorda sempre che devi usare il se seguito dal congiuntivo quando dopo trovi una condizione Esempio: Sarei molto felice se tu...
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Che tu sia o meno uno scrittore emergente o professionista, oppure un semplice appassionato di scrittura creativa e desideri cimentarti in questo campo, inevitabilmente ti troverai a fare i conti con le figure retoriche.
Devi sapere, infatti, che le figure retoriche hanno lo straordinario dono di abbellire e migliorare la creazione letteraria del suo autore, indipendentemente dal genere e dalla tipologia di scrittura verso cui sei più portato.
Ma non considerarle come dei puri e semplici decori fini a sé stessi, piuttosto immaginale come delle porte che dischiudono nuovi orizzonti e ti consentono di comprendere meglio il concetto espresso.
Le tecniche di scrittura sono la tavolozza di cui l’autore si serve per dipingere un affresco di parole e le figure retoriche sono le varie sfumature che portano bellezza, enfasi e chiarezza.
Le figure retoriche ti consentono di comprendere meglio l’impeto della passione di un poeta o il disprezzo e l’odio assoluto verso un personaggio di un romanzo, sono una mappa che permette di farti strada nel ginepraio delle parole e che possono, perché no, guidare l’ispirazione per un libro.
E dopotutto immagina solo cosa sarebbero state tutte le più belle poesie se non ci fossero state le figure retoriche a esaltarle e illuminarle di nuova luce, saremmo stati tutti più poveri.
Ti illustrerò ora le varie tipologie e categorie di figure retoriche esistenti in modo che tu possa impiegarle per scrivere un libro o dominarle sotto la forza dei tuoi sentimenti per creare una raccolta di poesia.
Come detto, quindi, le figure retoriche sono essenzialmente delle forme di espressione letteraria capaci di creare degli effetti ben specifici all’interno della frase in cui vengono impiegate.
Quello che però forse non sapevi e che rientra sicuramente tra i consigli migliori per scrivere un libro è che imparare a riconoscerle ti permetterà non solo di utilizzarle a tuo piacimento per dare maggiore forza espressiva alle tue parole, ma soprattutto di prendere per mano il lettore e condurlo lì dove alberga il significato più profondo delle tue idee e del tuo talento.
Le figure retoriche possono essere suddivise in 3 categorie:
Vediamole singolarmente con degli esempi che ti aiuteranno a orientarti e a scrivere meglio.
La figura retorica dell’allitterazione è una figura retorica che consiste in una ripetizione, casuale o intenzionale, di suoni che può presentarsi in due o più parole. L’aspetto fondamentale da ricordare è che tale ripetizione si esplica esclusivamente all’inizio delle varie parole, in caso contrario o in posizione differente si parla di Consonanza.
Esempi:
“Di me medesimo meco mi vergogno” – Francesco Petrarca
“E nella notte nera come il nulla” – Giovanni Pascoli
Si tratta di una figura retorica in cui si ha una somiglianza di suono al termine di due o più parole, anche consecutive. Fai molta attenzione a non confonderla con la consueta rima, quest’ultima infatti, come certamente saprai, è caratteristica della fine di ogni verso e non necessariamente delle altre parole.
Esempio:
“Vi chiedo chi siete, che volete, che portate, quando partite.”
La paronomasia è una figura retorica che si verifica quando coesistono due parole in possesso di un fonema similare.
Esempi:
“Tra gli scogli parlotta la maretta” – Eugenio Montale
“Sedendo e mirando” Giacomo Leopardi
Quando le parole in questione oltre a possedere un suono simile hanno un significato completamente differente, si parla di Bisticcio.
Esempio
“Apre la porta e porta inaspettata guerra” – Torquato Tasso
La figura retorica dell’onomatopea è probabilmente la figura fonetica più nota e di più diffusa conoscenza presso il grande pubblico. Si ha quando i fonemi delle parole utilizzate rimandano chiaramente alla vera natura dei suoni originali.
Esempi:
“C’è un breve gre gre di ranelle” – Giovanni Pascoli
La figura retorica dell’anafora è una figura retorica che si ha quando avviene una ripetizione intenzionale di una o più parole e prevalentemente agli inizi di una frase.
Esempio:
“Per me si va nella città dolente,
Per me si va nell’etterno dolore,
Per me si va tra la perduta gente” – Dante
Il medesimo fenomeno che si applica però al termine delle frasi prende il nome di Epifora.
L’anastrofe è una di quelle figure retoriche che inconsapevolmente potresti anche aver utilizzato o utilizzare tuttora nel comune linguaggio parlato. Significa inversione, rovesciamento e consiste nell’anticipazione di una determinata parola rispetto al consueto ordine sintattico che dovrebbe ricoprire.
Esempi:
“Allor che all’opre femminili intenta/sedevi, assai contenta” – Giacomo Leopardi
“…Cercavano il miglio gli uccelli…” – Salvatore Quasimodo
La figura retorica del chiasmo è molto particolare, già a partire dal nome che richiama alla mente la lettera X e presuppone quindi un incrocio di elementi. Effettivamente il chiasmo è proprio quell’artificio letterario in cui si ha una disposizione incrociata di due elementi che appartengono al medesimo campo semantico.
Esempi:
“Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori
le cortesie, la audaci imprese io canto” – Ludovico Ariosto
“La fuga e la vittoria, / la reggia e il tristo esiglio” – Alessandro Manzoni
È una figura retorica largamente impiegata nelle composizioni poetiche, si può quasi dire che la sua frequenza sia di gran lunga superiore a tutte le altre.
Questo termine d’origine francese indica una frammentazione di due elementi che sintatticamente dovrebbero essere uniti, ma vengono spezzati in modo tale che entrambi possano far risaltare con maggiore efficacia il loro rispettivo significato, anche metaforico.
Più il gruppo sintattico spezzato è stretto, più l’effetto dell’enjambement è forte. La sua forza è più presente soprattutto quando a essere coinvolte sono due coppie sintattiche come:
Esempi:
Vagar mi fai co’ miei pensieri su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge” – Ugo Foscolo
“Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.” – Giuseppe Ungaretti
La figura retorica dell’enumerazione altro non è che un elenco di elementi o espressioni che si succedono per asindeto o polisindeto, ovvero con rispettiva presenza del segno d’interpunzione della virgola o della congiunzione “e”.
Esempio
“S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando,
come l’acqua nelle fontane.” – Cesare Pavese
“Benedetto sia ‘l giorno e ‘l mese e l’anno
e la stagione e ‘l tempo e l’ora e ‘l punto
e ‘l bel paese e ‘l loco ov’io fui giunto” – Francesco Petrarca
La figura retorica dell’iperbato consiste nel mutamento dell’ordine sintattico naturale di una frase tramite l’inserimento di una parola o un’espressione terza che va a intromettersi tra due elementi che dovrebbero essere uniti.
Attenzione a non confondere questa figura con quella dell’anastrofe, benché simili, c’è una sostanziale differenza dovuta proprio alla presenza di un terzo elemento che si frappone tra altri due.
Esempio
“Questa / bella d’erbe famiglia e d’animali” – Ugo Foscolo
“io parlo de’ begli occhi e del bel volto
che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto” – Ludovico Ariosto
La figura retorica dell’ellissi è l’eliminazione di una parola all’interno di una frase senza che comunque la sua assenza vada a incidere dal punto di vista della comprensione del senso generale.
Esempio:
“Ai posteri l’ardua sentenza” – Alessandro Manzoni
(il verbo “spetterà”, “toccherà” è omesso)
L’antitesi è una figura retorica che abbastanza frequentemente si può trovare anche nel linguaggio parlato comune. Riguarda una contrapposizione tra due parole semanticamente poste all’apposto.
Esempio
“Pace non trovo e non ho da far guerra;
e temo e spero; e ardo e sono un ghiaccio;
e volo sopra ‘l cielo e giaccio in terra;
e nulla stringo e tutto ‘l mondo abbraccio” – Francesco Petrarca
Anche l’iperbole è un artificio letterario che molto probabilmente sei solito utilizzare quotidianamente. Consiste in un’esagerazione intenzione e appositamente applicata per far risaltare con maggiore forza un determinato concetto.
Esempi:
“Grande come il mondo”
“Giulio è bello da morire”
La litote da un punto di vista semantico si pone esattamente all’apposto dell’iperbole e consiste nell’espressione di un determinato concetto tramite la negazione del suo esatto contrario.
Esempi:
“Non bello” per intendere brutto
“Non simpatico” per intendere antipatico
La metafora è una figura retorica così ampiamente utilizzata da non essere più prettamente destinata a un linguaggio letterario, ma si ritrova comunemente in quello parlato in tutti i suoi livelli, indipendentemente dallo stile e dal genere.
Si attua quando a una parola munita di un proprio senso semantico viene applicato un valore figurato che eleva il termine stesso dal suo significato originario.
Esempi:
“Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.” – Eugenio Montale
“Non vedo l’ora di tornare alla mia tana” la parola tana viene sottoposta a figurazione per intendere il proprio domicilio
La figura retorica della metonimia è particolare nella sua singolarità. In greco significa letteralmente scambio di nome ed effettivamente le cose stanno proprio così. La metonimia consiste proprio in una traslazione di significato tra due parole che sussistono in una relazione di vicinanza semantica.
Esempi:
“Bevo un bicchiere” per intendere bevo ciò che è contenuto nel bicchiere
“Ho visto un Picasso al museo” per intendere ho visto un quadro di Picasso
L’ossimoro è una figura retorica che si espleta nell’accostamento contiguo di due termini con significato opposto. Apparentemente può essere confuso con l’antitesi, ma in quest’ultima non necessariamente questo accostamento è immediato e contiguo.
Esempio:
“Bianca nel tacito tumulto” – Giovanni Pascoli
La preterizione è un artificio linguistico che nasconde un piccolo inganno semantico che ha lo scopo di far risaltare maggiormente l’intero concetto che si andrà a esprimere. Consiste propriamente nel negare l’intenzione di voler dichiarare qualcosa e invece procedere facendo esattamente l’opposto.
Esempi:
“Non ti dico cosa mi è successo…”
“Per tacere dei numerosi altri casi…”
“Per non parlare di quel che ha detto…”
“Inutile nominare anche…”
La similitudine è la figura retorica sorella gemella della metafora, a differenza di quest’ultima, però, si attua esclusivamente con l’utilizzo di termini comparativi, il più impiegato è come.
Esempio
“E caddi come corpo morte cade” – Dante
La sineddoche è una figura retorica che molto spesso viene confusa con la metonimia e in effetti le differenze che sussistono tra le due figure si limitano a delle piccole sfumature che per lo più vengono colte da linguisti o esperti del settore.
Consiste nel trasferimento semantico di un termine attraverso rapporti che possono prendere in considerazione una parte per il tutto, plurale per singolare, materia per oggetto e simili.
Esempi:
“Il felino raggiunse il suo padrone” felino per intendere il gatto
“Mi guadagno il pane” per intendere il sostentamento in generale
“Una borsa di coccodrillo” per intendere una borsa fatta con pelle di coccodrillo
La sinestesia è una parola che copre uno spettro semantico decisamente ampio. Limitatamente al suo apporto linguistico, per sinestesia s’intende quella figura retorica che si espleta mediante l’accostamento di termini appartenenti a sfere sensoriali differenti.
Esempi:
“Voci di tenebra azzurra” – Giovanni Pascoli
“Urlo nero” – Salvatore Quasimodo
“Corsi a vedere il colore del vento” – Fabrizio De Andrè
Il lessico della lingua italiana è enorme e se vuoi affacciarti in maniera positiva a questo mondo e vuoi imparare come scrivere un libro o anche solo come mettere su carta l’infinito che ti balena nella mente, è essenziale che tu padroneggi appieno la complessità delle varie figure retoriche.
L’impiego del linguaggio figurativo, ma soprattutto una sua padronanza totale, ti consentirà di donare maggiore forza espressiva e chiarezza ai tuoi scritti e ogni singola parola assurgerà a livelli incredibili se solo imparerai a rivestirle con le giuste figure retoriche.
Un pizzico di anafora, un po’ di metonimia, una manciata di sineddoche ed ecco che il tuo nuovo romanzo è pronto a prendere vita?
Sarebbe bello se fosse così, ma prima di tutto devi comprendere che il segreto di uno scritto di qualità è il suo perfetto equilibrio tra tutti i suoi singoli elementi.
Dosa le figure retoriche, piegale ai tuoi desideri e fai in modo che adornino le tue parole come una veste di seta, il tuo nuovo romanzo potrà finalmente prendere forma sotto tutti i migliori auspici possibili.
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tutte le figure retoriche le ho studiate- a memoria- al liceo per l’ignominia di una professoressa che avrei seviziot0 a morte….Però alla maturità Ella, presidente di commissione, mi fece leggere il tema dinanzi a tutti i Prof. belli schierati ad applaudire , e sentenziò: “se non farai Lettere io ti uccido”…non l’ascoltai ed ora me ne pento, amen!
Beppe abbiamo tutti un prof o una prof a cui non abbiamo dato ascolto, purtroppo! Però ora scrivi, è questo in qualche modo è una grande ricompensa a quell’errore non credi?!
Federica, non capisco cosa significa “distotici”… Forse è un refuso e volevi dire “distopici”… Okay… Gradirei ricevere da te un autorevole parere su questa trilogia di Ralph Colemann: “L’alba dell’ultimo rito”, “L’ultimo rito”, “Il tramonto dell’ultimo rito”. https://www.mondadoristore.it/libri/Ralph-Colemann/aut00589356/
Molto interssante ma complesso. E’ più facile usarle che comprenderne la regola e la modalità. Non le ricordavo tutte insieme ma per ogni poesia nel commento che ad essa si univa. Ripassare, analizzare e saper usare all’uopo è fondamentale per noi scrittori.
Hai ragione Daida, è più facile usarle che studiarle tutte, però quanto è bello ripassarle!
Ho chiesto anche una poesia di prova però grazie della spiegazione.