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Innaffiatoio o annaffiatoio: come si scrive?
La lingua italiana è molto complessa e presenta numerosi termini per i quali può essere dubbia la corretta grafia. Questo perché spesso ci sono regionalismi e dialetti che influenzano il modo di parlare, ma anche perché molti termini sono oggi influenzati dalla pronuncia inglese che può portare a confusione circa la corretta modalità di scrittura.
Tra le parole che spesso portano a consultare il dizionario vi è l’innaffiatoio/annaffiatoio. Qual è il modo corretto di scrivere questo termine? Vediamolo di seguito.
Sia “innaffiatoio” che “annaffiatoio” sono forme corrette e possono essere utilizzate indistintamente. Entrambi i termini derivano dal verbo “innaffiare/annaffiare”, che significa dare acqua alle piante. L’Accademia della Crusca conferma che entrambe le varianti sono accettabili, quindi gli scrittori possono scegliere liberamente quale forma utilizzare.
Ecco alcuni esempi di come utilizzare queste due parole in diversi contesti:
Lo strumento che viene utilizzato per dare acqua alle piante viene chiamato in diversi modi, ad esempio bagnafiori, innaffiatoio o annaffiatoio. Questi giusto per non citare tutti i termini dialettali che da Nord a Sud permettono di definire questo antico e sempre utile oggetto.
La sua forma peculiare è caratterizzata da una pancia, ossia il serbatoio, e da un braccio che termina con un diffusore a pioggia. Proprio quest’ultimo elemento è quello fondamentale, in quanto permette di distribuire l’acqua su terreno e foglie senza che questa li raggiunga in maniera troppo violenta.
In commercio esistono modelli da balcone, di piccole dimensioni e semplici da maneggiare, oppure dal volume più ampio, perfetti per dare l’acqua alle piante di un terrazzo o un piccolo giardino.
I materiali più comuni con cui oggi sono realizzati questi strumenti sono la plastica e il metallo ma ne esistono anche modelli decorativi in ceramica o vetro.
Ora che abbiamo ben chiaro di che strumento stiamo parlando, vediamo come si scrive.
Gli scrittori si trovano spesso in situazioni in cui un termine può essere riportato in più modi, entrambi corretti; in altri casi, invece, ci si trova davanti a regionalismi o dialetti per cui è importante saper riconoscere quando ci si trova in un caso e quando nell’altro. Talvolta accade che scrivendo un libro e, quindi, verificando con attenzione la giusta grammatica e dizione di termini o frasi, si scopre di aver sempre pronunciato male una determinata parola, di non averne mai compreso in fondo il significato oppure, con sollievo, di aver sempre fatto bene.
Tra i termini che possono apparire dubbi vi è anche quello dell’annaffiatoio o annaffiatoio. Per comprendere quale sia la giusta modalità di scrittura o se siano entrambe corrette è necessario fare un passo indietro, verificando la parola di origine. Lo strumento utilizzato per dare l’acqua alle piante, infatti, prende il suo nome da un verbo. La domanda, quindi, sarà sempre la stessa: le piante si annaffiano o si innaffiano?
La risposta è sicuramente complessa, tanto è vero che la soluzione giusta può essere trovata solo rivolgendosi all’Accademia della Crusca, massima istituzione della lingua italiana.
Proprio dall’Accademia della Crusca arriva la bella notizia: le due forme sono infatti entrambe corrette per cui non ci si dovrà preoccupare troppo di scriverla in un modo o nell’altro.
Ma come mai questo termine può essere scritto in tutti e due i modi?
Come già evidenziato, per comprendere il motivo per cui questo strumento si può chiamare in entrambi i modi è necessario partire dal verbo d’origine, ossia annaffiare/innaffiare. Si tratta di un verbo derivante da una delle prime forme di latino volgare, inafflare. Questo termine, contrariamente a quanto si possa pensare, non deriva a sua volta dal latino classico: gli antichi romani, infatti, utilizzavano i verbi irrorare oppure irrigare per definire l’azione di dare acqua alle piante.
Presumibilmente la forma annaffiare rappresenta una variante toscana che, nel tempo, è stata regolarmente utilizzata accatto a quella che possiamo considerare originale, ossia innaffiare. A sostegno della provenienza toscana della forma an- vi sono una serie di termini più o meno noti e usati che ugualmente presentano la doppia forma: un esempio di questo tipo viene riportato nel dizionario LEI, Lessico Etimologico Italiano, che evidenzia l’esistenza di parole come innascondere e annascondere.
I dizionari moderni riportano entrambi i termini nell’una e nell’altra forma, così come riportano la doppia forma per il verbo annaffiare e innaffiare. Dal punto di vista del lessico, quindi, si può dire che gli scrittori possono scegliere tranquillamente se utilizzare l’innaffiatoio o l’annaffiatoio per dare l’acqua alle proprie piantine.
Ma come si comportavano invece gli scrittori del passato? Utilizzavano entrambe le diciture o preferivano l’una rispetto all’altra?
La bellezza dell’italiano è che presenta tantissimi documenti scritti che ci permettono di scoprire come si è evoluta la nostra lingua nel tempo. Dalla lettura dei documenti antichi, infatti, possiamo verificare in passato se si preferiva utilizzare il termine innaffiatoio o annaffiatoio.
Va subito detto che le maggiori evidenze non riguardano in realtà lo strumento per dare l’acqua alle piante quanto piuttosto il verbo. Infatti, anche se non si trovano scritti che riguardano l’annaffiatoio/innaffiatoio, si possono trovare numerose testimonianze sull’alternanza dell’uso di annaffiare e innaffiare.
Ad esempio, nella versione di innaffiare, il verbo fa la sua prima comparsa nel 1292, nello scritto di Bono Giamboni, Della Miseria dell’Uomo. Risale invece al 1350 la prima evidenza scritta del verbo annaffiare, ad opera di Pietro de’ Crescenzi e successivamente in un lavoro di Fazio degli Uberti. Non è noto se prima della metà del Trecento fosse già stato utilizzato il termine con la variante in an- per cui dal punto di vista storico, viene considerato primario il verbo innaffiare, che anticipa di circa cinquant’anni la versione annaffiare.
Nei secoli, i diversi autori hanno preferito usare una forma o l’altra, spesso seguendo la tendenza regionale o dialettale nella dizione di un termine o dell’altro. Va tuttavia evidenziato che a partire dal XVI secolo vi è stata una sempre maggiore tendenza ad usare prevalentemente la forma in an- soprattutto nel linguaggio parlato e popolare: alcuni autori evidenziano proprio come il volgo prediligesse utilizzare la forma annaffiare più di innaffiare. Lo stesso Vocabolario della Crusca, nella sua prima edizione del 1612, sottolinea la possibilità di utilizzare entrambe le forme evidenziando però che il termine annaffiare, in quell’epoca, risulta più comune.
Per quanto riguarda invece lo strumento, ossia l’innaffiatoio, sarà necessario attendere il XVII secolo: il termine appare infatti nei dizionari a partire dal 1730 proprio nella dicitura di innaffiatoio, mentre a partire dalla seconda metà dell’Ottocento appare anche l’annaffiatoio.
Chi ama conoscere l’evoluzione della lingua italiana potrà trovare interessanti informazioni sulla casistica di scrittura di una forma o dell’altra leggendo il corpus DiaCORIS, all’interno del quale sono riportate tutte le occorrenze dei lemmi italiani a partire dal 1861. Per l’innaffiatoio e l’annaffiatoio si possono trovare diverse voci, con la presenza della versione in an- leggermente maggiore. A tal proposito, per sottolineare come questo termine sia praticamente equivalente nelle due forme, va sottolineato che alcuni autori della letteratura italiana lo usano indifferentemente nelle proprie opere. Inoltre, negli autori dell’Ottocento, si può trovare anche nella versione con la j, ossia annaffiatojo oppure innaffiatojo.
Oggi che sempre meno persone fanno uso del dizionario, le ricerche vengono effettuate in rete e sui principali motori di ricerca è possibile verificare che le due parole vengono cercate in maniera differente: infatti, sono maggiori i risultati per la ricerca del lemma annaffiatoio rispetto all’innaffiatoio.
Seguendo l’evoluzione della lingua italiana possiamo dire che le due parole, come già in passato, stanno vivendo un periodo in cui l’uso della versione an- è più comune rispetto all’altra.
La preferenza per l’innaffiatoio può essere di tipo geografico, con alcune aree in cui si preferisce dire innaffiatoio, ma ancora oggi, come in passato, i due termini sono praticamente equivalenti. Pertanto, ogni scrittore potrà scegliere se i protagonisti del proprio romanzo dovranno annaffiare o innaffiare le piante con l’annaffiatoio o con l’innaffiatoio senza timore di sbagliare. E chi ha ancora qualche dubbio, può rivolgersi ai servizi editoriali di Youcanprint per richiedere supporto, suggerimenti o chiarimenti relativi ai diversi termini della lingua italiana, nonché al loro significato e migliore modalità di scrittura.
Entrambe le forme sono corrette e possono essere utilizzate in modo intercambiabile. L’Accademia della Crusca conferma che sia “innaffiatoio” che “annaffiatoio” sono accettabili.
Le due forme derivano dal verbo “innaffiare/annaffiare”. La variante “annaffiare” è più comune in alcune regioni, mentre “innaffiare” è preferita in altre. Entrambe hanno origini storiche e regionali, ma sono entrambe corrette.
Attualmente, “annaffiatoio” sembra essere più comunemente utilizzato rispetto a “innaffiatoio”. Tuttavia, entrambe le forme sono ampiamente comprese e accettate.
Non ci sono differenze di uso significative tra “innaffiatoio” e “annaffiatoio”. La scelta tra le due forme dipende principalmente dalle preferenze personali o dalle influenze regionali.
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