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Dopotutto o dopo tutto: come si scrive

9 minuti di lettura

Rispetto ad altre lingue europee e a idiomi provenienti da zone molto lontane della Terra l’italiano si può considerare tranquillamente una lingua con un bassissimo grado di agglutinazione delle parole.

Per un confronto basti considerare il tedesco, gli idiomi scandinavi e moltissime lingue orientali che riescono a fare composizioni di più termini per esprimere un singolo concetto in maniera univoca, generando spesso neologismi che si inseriscono nel vocabolario di uso comune e vi restano a lungo.

La genesi della nostra lingua, che invece deriva la maggior parte della sua grammatica e del lessico dal latino e dal greco, infatti, non prevede molte forme fuse o attaccate. Anzi, il loro addensarsi nel vocabolario è una questione relativamente recente e in molti casi ha una provenienza più legata alla sfera tecnica che a quella popolare.

Dopotutto e dopo tutto sono un esempio fra tanti, ma in molti casi chi scrive si trova perplesso di fronte alle due forme e non sa quale scegliere.

Si scrive dopotutto o dopo tutto?

Per quanto riguarda questo avverbio o locuzione avverbiale, dipende dalla versione che si è scelto di utilizzare, entrambe le forme esistono, convivendo, in italiano e sono in molti casi sovrapponibili e sostituibili.

L’avverbio agglutinato dopotutto deriva da un’imitazione di un francesismo. Si tratta, infatti, del calco della locuzione francese après tout ed ha un significato assimilabile a: insomma, oppure in conclusione.

Le due parole che formano questo termine si sono attaccate ma non si sono fuse perdendo elementi di raccordo e non hanno guadagnato un raddoppio consonantico come invece è accaduto con altri termini di uso comune nella lingua di tutti i giorni scritta e parlata.

Se si utilizza la forma composta, che è avverbiale, il significato che si ottiene è in alcuni casi completamente differente rispetto a quello che si può avere con la locuzione staccata e questo può dare problemi a un lettore se il testo che la contiene è una frase isolata.

Infatti, come accade molto spesso in italiano, l’ambiguità di un significato viene eliminata direttamente dal contesto ed entrambe le forme possono essere utilizzate quasi sempre senza rischio di fraintendimenti.

Dopo tutto e dopotutto si utilizzano per indicare una chiusura di un concetto e per proporre una conclusione in un pensiero. Quindi la frase dopo tutto ci siamo sforzati fino in fondo significa che nonostante il risultato non abbia rispettato le aspettative in positivo o in negativo, l’azione è conclusa e non è alterabile.

L’avverbio e la locuzione si possono impiegare, infatti, se l’azione è andata a buon fine, come ad esempio: abbiamo vinto la partita, dopotutto ci siamo allenati per dei mesi. Risulta essere valido anche il loro utilizzo in caso di chiusura negativa in una frase del tipo: è andata male, ma dopo tutto non mi interessa.

Esempi di Uso di “Dopotutto” e “Dopo tutto”

  • Dopotutto: “Abbiamo vinto la partita, dopotutto ci siamo allenati per mesi.” Qui, “dopotutto” sottolinea che il risultato (vincere la partita) è la conclusione logica degli sforzi precedenti (allenamenti).
  • Dopo tutto: “Dopo tutto il lavoro, abbiamo deciso di riposarci un po’.” In questa frase, “dopo tutto” si riferisce a tutto il lavoro svolto prima di decidere di riposarsi, indicando una sequenza temporale.
  • Dopotutto: “È andata male, ma dopotutto non mi interessa.” In questo caso, “dopotutto” viene utilizzato per minimizzare l’importanza di un evento negativo, indicando che, nonostante il fallimento, l’interesse è comunque basso.
  • Dopo tutto: “Dopo tutto quello che abbiamo passato, meritavamo una pausa.” Qui, “dopo tutto” si riferisce a un’insieme di esperienze precedenti, giustificando il bisogno di una pausa.

I termini agglutinati in italiano

Salvo restando che la nostra lingua ha avuto in più fasi eventi di agglutinazione e di concrezione, cioè quando a fondersi sono articoli e preposizioni, molti esempi sono talmente stratificati da non risultare più visibili, come per esempio le parole allora e sebbene.

Spesso si tratta di parole che ricalcano strutture provenienti da contaminazioni celtiche e germaniche, derivanti da invasioni, infatuazioni e mode letterarie, anche a livello delle élite culturali che fissando le parole in testi ufficiali le nobilitano, rendendole parte del vocabolario convenzionale.

Non capita di rado che, in italiano i termini fusi tra loro a formarne uno solo siano presenti sia in una forma nativa e primitiva, da cui si generano le versioni agglutinate, sia complessa, con una delle due che sta progressivamente declinando e diventando meno presente nel testi scritti, segno, almeno in parte di una volontà precisa da parte degli intellettuali.

Dopotutto e dopo tutto sono un classico esempio di termini che a causa di un’infatuazione con una lingua straniera hanno cominciato un processo di fusione per imitazione e derivazione. Sono partiti da una fase di presenza come locuzione e diventando un avverbio in seguito, dando non pochi grattacapo a chi è alla ricerca della forma corretta per la scrittura.

In italiano esistono, infatti, sia la forma staccata dopo tutto che quella attaccata dopotutto, tuttavia devono essere fatte alcune riflessioni sul loro impiego.

Questo non sempre risulta essere intercambiabile, come vedremo, ci sono poi fattori orientati all’eleganza dell’uso di una o altra forma in determinati contesti e all’utilizzo per rendere più o meno scorrevole una frase in base al registro stilistico e alla necessità ritmica.

Sulla scia di queste indicazioni si possono trovare anche altri termini in fase di fusione o già agglutinati ed estendere il ragionamento anche ad essi, trovando come spesso e volentieri il dubbio sulle forme corrette di scrittura in italiano possa insinuarsi anche in chi è abituato a utilizzare la lingua nel lavoro di tutti i giorni.

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Ambiguità di significato

L’avverbio agglutinato dopotutto è completamente privo di ambiguità e quindi in molti casi può essere preferibile questa scrittura rispetto all’altra per evitare controversie.

La versione dopo tutto in forma di locuzione, infatti, si utilizza anche quando è stato narrato un evento e si desidera concludere questa parte per poi passare a quello successivo o una conclusione che è il centro del senso del periodo. Un esempio tipico di impiego in una frase semplice potrebbe essere: dopo tutto il lavoro abbiamo deciso di riposarci un po’.

Il significato è completamente sovrapposto anche se si sceglie di usare la versione avverbiale, ma la struttura della frase dovrebbe essere completamente cambiata per poter utilizzare la forma agglutinata e potrebbe suonare per esempio come: abbiamo deciso di riposarci un po’, dopotutto avevamo lavorato parecchio.

Va da sé che in questo caso si può utilizzare anche la forma di locuzione sostituendola a quella fusa senza privare la frase del significato principale e senza introdurre ambiguità a meno di una ricerca maliziosa.

Con un po’ di sforzo si può sempre trovare però una via fragile, cercando di forzare il significato della frase, che potrebbe risultare equivalente se presa fuori dal contesto a: Abbiamo deciso di riposarci un po’ perché dopo tutto [omissis] avevamo liberato parecchio.

Qua nell’omissis potrebbe trovarsi un riferimento implicito ad un’azione precedente, coordinata per genere come ad esempio: il trambusto. Questo in rari casi può dare origine a sofismi sterili sul significato complessivo, ma in alcuni frangenti l’attenzione è d’obbligo.

Il contesto dovrebbe riuscire da solo ad eliminare ogni dubbio è sempre bene tenere presente questa possibilità quando si redige un testo ricco subordinate e di riferimenti poco chiari. Meglio optare per una paratassi lineare evitando l’ipotassi, che per quanto elegante a volte rende complicata la lettura.

Nell’uso comune non si manifesta alcun tipo di criticità e anche nel caso in cui si cerchi un fraintendimento questo risulterà sempre debole e tranquillamente appianabile.

In un testo con valenza legale, però, la malizia potrebbe essere presente e rendere debole il significato aprendo a cavillazioni che, per quanto difficile sostenere, rischiano di rallentare il procedimento con appelli e manovre utili agli avvocati in cerca di appigli disperati.

Concludendo

L’italiano è una lingua complessa e ricca di parole dai significati molteplici che introducono sfumature al concetto e consentono di ripetere più volte il soggetto in un periodo molto lungo variandolo senza far perdere il punto al lettore.

Purtroppo a volte si generano l’ambiguità e dubbi, in particolare sull’ortografia delle parole agglutinate, delle forme doppie e di quelle desuete che non essendo la norma in italiano non seguono praticamente mai una regola fissa.

Sono presenti raddoppi, omissione di lettere e scritture particolari che non sempre sono intuitive. Dopo tutto e dopotutto sono due esempi relativamente semplici di questo tipo di situazione perché le forme convivono e sono ambedue attive nell’italiano moderno con un significato che è completamente sovrapponibile anche se la locuzione in altri contesti ha un impiego molto differente.

È sempre meglio scegliere di scrivere un testo con una sintassi più semplice e lineare, periodi corti per facilitare la lettura e pochi subordinate, evitando l’ipotassi in particolare quando si vogliono scrivere periodi esplicativi in cui si desidera rendere minimo il rischio di ambiguità.

Dopo tutto è un calco di una locuzione francese in entrambe le forme, ma la versione agglutinata senza lo spazio tra i due termini è quella più solida, perché è priva di secondi significati.

Dopotutto è meglio chiarire la corretta ortografia e il giusto impiego delle parole, se non si vuol rischiare di dover revisionare da capo tutto il testo in cerca di errori evitabili.

Domande frequenti

Qual è la differenza principale tra “dopotutto” e “dopo tutto”?

La principale differenza è che “dopotutto” è un avverbio agglutinato che deriva dal calco francese “après tout”, usato per concludere un ragionamento o minimizzare un evento. “Dopo tutto”, invece, è una locuzione avverbiale che può indicare sia una conclusione logica sia una sequenza temporale di eventi.

Si possono usare “dopotutto” e “dopo tutto” in modo intercambiabile?

In molti contesti, “dopotutto” e “dopo tutto” possono essere usati in modo intercambiabile senza modificare significativamente il significato della frase. Tuttavia, “dopo tutto” tende ad essere più adatto a indicare una sequenza temporale, mentre “dopotutto” è preferibile quando si vuole sottolineare una conclusione o un risultato derivante da precedenti azioni.

Esistono altre parole italiane che mostrano agglutinazione come “dopotutto”?

Sì, in italiano ci sono altre parole che mostrano agglutinazione, sebbene meno frequenti rispetto ad altre lingue. Esempi includono “allora” (da “a” e “l’ora”) e “sebbene” (da “se” e “bene”). Questi termini spesso derivano da processi storici di fusione linguistica e contaminazioni culturali.

Quando è preferibile usare “dopotutto” rispetto a “dopo tutto”?

È preferibile usare “dopotutto” quando si vuole concludere un ragionamento, enfatizzare una conclusione logica o minimizzare l’importanza di un evento. Ad esempio: “Dopotutto, siamo tutti umani.” “Dopo tutto” è preferibile quando si descrive una sequenza di eventi o azioni precedenti a una decisione o conclusione, come in “Dopo tutto il lavoro, abbiamo deciso di fare una pausa.”

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