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Come si scrivono dialoghi efficaci e realistici per un romanzo? Abbiamo scritto questo elenco di consigli che aiuteranno il tuo romanzo a trarne il massimo dei benefici.
I dialoghi sono importantissimi perché permettono alla tua storia di progredire, caratterizzano i personaggi e poi perché sono l’occasione perfetta per attuare la famosa regola del “mostra, non dire” (show, don’t tell).
Se il tuo dialogo non ha alcun tipo di obiettivo, nel senso che è scritto tanto per essere scritto ma non ha nessun ruolo concreto allo sviluppo della storia, allora stai sbagliando. In questo caso succederà che il lettore abbandonerà molto presto il tuo libro.
Se hai difficoltà a rispondere a queste domande, allora è molto probabile che il tuo dialogo ha bisogno di un ritocco.
Nonostante nella nostra vita abbiamo assistito a molti dialoghi senza senso o senza particolari scopi, nel tuo libro le cose devono funzionare diversamente: tutte le conversazioni che scrivi devono avere un qualche tipo di scopo.
Se è un dialogo intorno ad un conflitto fra due personaggi o se rivela un punto importante della storia, o ti serve a caratterizzare il profilo di un personaggio allora sei a posto.
Ogni tuo personaggio è diverso, e questa estrema diversità deve rispecchiarsi anche nella sua voce.
Ognuno di loro avrà quindi un modo di esprimersi differente. Prima di scrivere un dialogo devi calarti nella testa di ciascuno di loro e pensare con la loro testa: solo così puoi scrivere un dialogo con una voce che si contraddistingue per ciascuno di essi.
Ogni personaggio ha il suo modo di esprimersi ha la sua voce unica e individuale. Inoltre presta attenzione all’età dei personaggi, alla loro istruzione e al contesto storico in cui si trovano (la voce del ragazzo di 16 anni non puoi crearla simile a quella del docente universitario, un dama di corte di 1700 non può parlare come la cameriera di un ristorante del centro di Milano). Le loro voci sono diversi e dai dialoghi queste differenze si devono percepire, ma sempre restando nella sfera del realistico.
“Dire”, “riferire”, “affermare”, “aggiungere”, “chiedere”, “domandare” con attenzione e parsimonia.
Gli occhi del lettore tendono ad evitare questi verbi.
Vediamo un valido esempio che racchiude un po’ di consigli che abbiamo avuto modo di vedere in quest’articolo e negli altri che abbiamo pubblicato nelle settimane scorse.
La pagina è tratta dal romanzo Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery e traduzione a cura di Enrico de Luca (ed. Lettere Animate)
(E’ il momento in cui Anne arriva nella casa dei suoi nuovi genitori adottivi il Signor e la Signora Cuthembert, fratello e sorella, ma sembra esserci qualche problema…)
Il primo capoverso è già molto efficace, ci sono tanti elementi da osservare con attenzione: i sostantivi e gli aggettivi riescono a conferire alla narrazione la giusta intensità, Lord Montgomery si attiene alla regola del mostra non dire.
Successivamente leggiamo la descrizione che fa della piccola Anne sui cui gli occhi attenti di Marilla sono caduti stupiti: Anne appare come una bizzarra, piccola figura nel rigido e brutto vestito, con le lunghe trecce di capelli rossi e gli occhi entusiasti e luminosi.
Ci accorgiamo anche di come le Voci dei tre protagonisti sono ben distinte, la signora Marilla sin dalle prime battute si dimostra essere una donna risoluta e poco incline ai sentimentalismi, di contro il fratello, il signor Cuthbert, meno brusco e più comprensivo (leggendo si capisce subito che se a prendere la ragazza ci fosse andata Marilla la probabilità che l’avesse riportata direttamente indietro in orfanotrofio sarebbe stata molto alta).
Poi c’è la voce di Anne, una bambina che giustamente si lascia prendere dal panico scoppiando a piangere vedendosi così palesemente rifiutata.
(Anche se prima di farla piangere la narratrice non perde l’occasione di rimarcare la grande dialettica della bimba che arriva al pianto solo dopo aver detto più parole di quante ne avessero dette i Cuthbert fino a quel momento).
Già da questa pagina, la prima del primo capitolo, in cui Anne mette piede a Tetti Verdi (la sua futura casa) emergono tutti molto chiari gli elementi che abbiamo visto fin qui: i dialoghi sono perfettamente calibrati sulla personalità di ciascuno dei personaggi, e contestualizzati nell’epoca storica in cui si svolge la narrazione.
Buongiorno Clare, disse Jim.
Buongiorno a te! Risposte Claire
Tornata dalle vacanze? Disse Jim? Si proprio ieri, disse Clare.
Così più che ad un dialogo sembra di assistere ad una partita di tennis: continui rimandi da una parte all’altra finiranno per stancare il lettore.
Guarda invece come Lucy Maud Montgomery rende più fluido il dialogo, risparmiando in diversi casi i verbi “disse”, “rispose” ecc…la tecnica che usa è molto semplice ed efficace, fa prima posare lo sguardo del lettore sul personaggio che poi parlerà e quindi a quel punto diventa superfluo dire “disse Marilla” se è la scena era già stata spostata su Marilla…
Questo ci introduce ad un altro concetto che è quello della sintassi. Fai attenzione alla sintassi che usi nei dialoghi, variala non usare sempre la stessa: esistono tre tipi di struttura: la semplice, la composta e la complessa.
Se usi sempre la semplice è probabile che i tuoi dialoghi appariranno alla lunga piatti e meccanici, quindi assicurati di variare.
Uno dei modi migliori per mantenere una conversazione fluente e realistica è appunto interromperla con brevi azioni. Per esempio, se il tuo dialogo si sta svolgendo in un bar fai fare un sorso di caffè al tuo personaggio prima fra un dialogo e l’altro, questo ti aiuterà ad evitare quella fastidiosa sensazione di partita da tennis.
In questo modo tu che li hai scritti sentirai subito se qualcosa non va, se sono fluidi o inciampano o non sono realistici, ti sarà più facile rivederli e sistemarli.
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