9 cose che devi sapere prima di pubblicare un libro con Amazon KDP
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Quante volte hai sentito dentro di te una voce che ti sussurrava un personaggio, un’idea di trama, un dialogo, i tratti di una scena che ti hanno emozionato così tanto che hai avuto l’istinto di fermarla sulla carta per sempre? E cosa hai provato quando il mondo intorno a te come il rumore, le persone, la tua attenzione richiesta o catturata ti ha impedito di farlo?
Hai sentito che qualcosa di importante, una parte di te era inevitabilmente andata via? Hai percepito un senso di perdita incolmabile?
Se almeno una volta hai avuto queste emozioni hai avuto esperienza dell’intuizione, dell’ispirazione, dell’illuminazione, dell’epifania. È un momento magico in cui abbiamo una percezione improvvisa su qualcosa che apparentemente sembra provenire da dentro di noi, da qualcosa di più grande, da una forza oscura.
So che sai di cosa sto parlando…
Come scrittore e scrittrice hai sentito queste emozioni infinite volte per ogni libro, capitolo o pagina che hai scritto. Il tuo telefono o i tuoi quaderni sono pieni di quelle intuizioni. In fondo è questo che fa di te uno scrittore, sei una persona che da una forma a quel mondo nebuloso che abbiamo dentro di noi e che ogni tanto ci parla.
“Anima, inconscio, Dio, energia, universo”; esistono infiniti modi per chiamarlo ma comunque in qualsiasi modo lo si nomini il risultato non cambia: ascoltando questa voce possiamo creare o fare le cose migliori della nostra vita.
E se ti dicessi che esiste un modo per alimentare quella voce, per fare in modo che ti parli ogni giorno? So che può sembrarti apocrifo comandare a bacchetta l’ispirazione, ma in fondo è quello che fanno i grandi scrittori. I grandi scrittori sembrano rapiti da qualche fuoco creativo magico ma lavorano come dei ragionieri. Sì, proprio così. So che l’immagine può non piacerti ma è esattamente così ed è magicamente descritto in questo libro che ti consiglio di leggere con tutto il cuore.
Carl Jung, uno delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico, psicoanalitico e filosofico, acquistò un terreno nel 1922 dopo la morte della madre. Nel 1923 costruì una torre a due piani sullo stesso terreno fatta in pietra, adatta per vivere ma con la particolarità che era completamente sconnessa dal mondo esterno, in totale silenzio, priva di elettricità e acqua corrente, una forma di luogo primordiale e semplice ed essenziale.
Carl Jung, per gran parte della sua esistenza, trascorse diversi mesi in ritiro nella sua torre di Bollingen ogni anno. In quella torre Jung concepì le sue opere migliori ed ebbe lì le sue intuizioni migliori che segnarono il pensiero di tutto il 1900 e ancora oggi sono studiate e sviluppate.
La torre prende il nome del villaggio in cui venne costruita. Carl Jung decise di costruirla per “dare una qualche rappresentazione in pietra dei miei più interni pensieri e del mio sapere. O, per dirla diversamente, dovevo fare una professione di fede in pietra.”
Toccante è anche la descrizione della decisione che lo ha portato a creare la torre.
“Dopo la morte di mia moglie nel 1955, sentii l’intima obbligazione di diventare ciò che sono. Per esprimermi col linguaggio della casa di Bollingen, mi resi conto a un tratto che la piccola sezione centrale, così acquattata, così nascosta fra le due torri, rappresentava me stesso o il mio io. Perciò, in quell’anno stesso, aggiunsi a questa sezione un altro piano. Prima non avrei potuto farlo; l’avrei considerato una presuntuosa ed enfatica affermazione di me stesso; adesso invece rappresentava la superiorità della coscienza raggiunta con la vecchiaia. Con ciò, a un anno dalla morte di mia moglie, l’edificio era compiuto. Avevo cominciato la prima torre nel 1923, due mesi dopo la morte di mia madre. Queste date hanno un senso, perchè, come vedremo, la Torre è legata ai morti. Fin dal principio sentii la Torre come un luogo, in un certo senso, di maturazione, un grembo materno o una figura materna nella quale potessi diventare ciò che fui, sono e sarò. Mi dava la sensazione di essere rinato nella pietra. Mi appariva come un’attuazione di ciò che prima avevo solo intuito e una rappresentazione dell’individuazione, un monumento aere perenni. Questo ha avuto un effetto benefico su di me, come una accettazione di ciò che sono. Naturalmente durante i lavori di costruzione non feci mai queste considerazioni; avevo costruito la casa un po’ per volta, seguendo sempre le concrete esigenze del momento: potrei anche dire di averla costruita in una specie di sogno. Solo in seguito vidi che cosa era sorto e che era riuscita una figura significativa: un simbolo della totalità psichica. Si era sviluppato come se un vecchio seme fosse germogliato.”
Qual è quindi il segreto della creatività? Può sembrarti disarmante ma è fare come Carl Jung, ovvero trovare un luogo intimo che ci rappresenti e in esso avere la libertà di essere sé stessi, ascoltare la propria anima parlare attraverso l’intuizione e mettere se stessi sulle pagine bianche e consegnarle al lettore per sempre.
Non credo che esista niente di più vicino a questa definizione di creatività. È violentemente semplice e così dannatamente difficile. Quante volte mentre scriviamo indossiamo delle maschere, pensiamo a cosa possa piacere al pubblico rinunciando a fare della nostra vita la nostra “torre di Bollingen”?
Questa abitudine affascinante non è stato un presupposto solo di Carl Jung, ma è un tratto comune dei più grandi artisti e scrittori mai esistiti.
Ogni persona che sente di dover dar spazio all’ispirazione ha bisogno di uno spazio magico in cui disconnettersi con il mondo ed essere sé stessi integralmente.
Non deve essere necessariamente una Torre storica, un luogo costruito appositamente, ma qualsiasi luogo che sentiamo connesso con la nostra anima, un luogo in cui siamo felici e in cui possiamo sperimentare una solitudine appagante e creativa in modo da essere la nostra torre di Bollingen.
Rowling scrisse uno dei suoi ultimi libri in una stanza di un hotel che amava, Hugo ha scritto i suoi capolavori in una stanza con una cupola di vetro con la vista sul mare e la costa francese durante il suo esilio, Dickens scriveva 2000 parole al giorno nel silenzio e nella solitudine del suo studio in cui nessuno poteva disturbarlo, e così tanti altri geni della letteratura, scienza, musica.
E tu hai già trovato la tua Torre di Bollingen? Se hai già trovato quel luogo che ti garantisce le stesse emozioni di Carl Jung che ti hanno permesso di scrivere i tuoi libri migliori, commenta l’articolo e descrivimelo, non vedo l’ora di leggere la tua storia.
Se invece hai sempre percepito l’esigenza di un luogo come questo, ma non lo avevi mai cercato attivata mente è arrivato il momento di farlo.
Non si può allenare la creatività e l’ispirazione e scrivere i libri che abbiamo dentro di noi se non creiamo l’ambiente giusto per permettere a tutto questo di nascere e sbocciare.
Quali sono le caratteristiche che una torre di Bollingen ideale dovrebbe avere per alimentare tutto questo? Ecco i 3 pilastri irrinunciabili per creare una Torre di Bollingen ideale. Vediamoli insieme:
Ora che hai scoperto l’esistenza di questo luogo meraviglioso sono sicuro che la tua vita cambierà.
Il mio auguro è che tu possa trovare presto questo luogo: potresti anche scoprire che è sempre stato vicino a te e che l’avevi ignorato. Qualunque sarà la tua scelta ti lascio con un augurio, la più bella descrizione che Carl Jung abbia fatto della sua Torre e che mi auguro tu possa dire della tua torre molto presto:
“Nella mia stanza di ritiro sono solo con me stesso. Ne ho sempre la chiave, e nessuno può entrarci se non col mio permesso.”
In bocca al lupo per il tuo libro e la ricerca della tua Torre.
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E’ bellissimo ciò che ho letto e devo ammettere che condivido appieno tutti i sentimenti, pensieri, emozioni, sensibilità etc. di Carl Jung poiché anch’io li ho provati e tuttora continuo a percepirli dentro di me: anima, cuore, testa, nello scorrere nel mio sangue… Se non lo fosse stato non avrei mai e poi mai deciso fermamente: quel prezioso e significativo 2003, di iniziare a scrivere una storia che tutt’oggi; moltissime persone mi dicono sempre che quel piccolo personaggio Primula, sei tu Sonia in persona… Inventare storie mi piaceva tantissimo da quando ero piccola. Quando un mio amichetto e amichetta piangevano come una fontana, senza pensare a nulla, iniziavo a raccontare; recitando. Poco dopo mi trovavo circondata da molti bambini con i loro genitori e allora l’immaginazione diventava più fervida e spesso cantavo… Quando mi accorgevo che il sorriso dei miei amichetti era riapparso sereno sul loro viso, ultimavo la storia… Applausi non mi interessavano ma, il sorriso sul volto e l’anima tornata in pace degli altri, moltissimo. Bhe, finisco qui sennò continuo fino a domani 😁
Bello, coinvolgente e significativo il tuo racconto. Sì, anche io ho provato spesso la sensazione di scrivere con la mia anima, direi sempre. Non ho una torre di Bollingen ma un luogo che mi ispira sensazioni che poi trasformo in pensieri scritti e in romanzi. Sì mi occorre silenzio, solitudine, estraniarmi dal contesto per mettere insieme i pensieri migliori e costruirne degli altri. Il mare in solitudine, comunque si presenti, mi consente questo stato quasi di esaltazione. La notte poi potrebbe essere la mia Torre. La creazione di pensieri, racconti e storie fanno parte della mia persona da sempre.