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Self-publishing con o senza partita iva? Guida fiscale completa all’auto-pubblicazione

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Self publishing: con o senza partita IVA?

Con oltre 3 milioni di copie distribuite nel mondo, 3 milioni in diritti d’autore versati ad oltre 19.000 autori, una delle domande più frequenti che ci viene posta qui a Youcanprint è: per pubblicare e vendere i propri libri in self-publishing è necessario avere la partita iva? 

Partendo da questa domanda affronteremo nel dettaglio tutte le implicazioni fiscali della scelta di auto-pubblicare i propri libri, fornendo una vera e propria guida fiscale completa che permetterà a ogni autore o autrice di compiere le proprie scelte, consapevoli delle loro conseguenze sul piano fiscale.

Cos’è il self-publishing

Self-publishing significa letteralmente, auto-editoria. Il termine indica una modalità di pubblicazione nella quale l’autore pubblica autonomamente il proprio libro, senza cioè passare attraverso un editore tradizionale, diventando di fatto auto-editore o editore di se stesso.

Il fatto che l’autore si ponga come editore di se stesso, trasferisce sulla sua persona tutto il complesso di attività, diritti e doveri che erano propri dell’editore.

In termini di attività parliamo di tutto il processo che intercorre dalla scrittura del manoscritto alla vendita dell’opera (editing, impaginazione, realizzazione copertina, stampa, promozione, distribuzione).

Accanto a questi vengono assunti personalmente anche tutti gli oneri e gli onori propri di un editore: l’incasso e la gestione delle royalties, gli aspetti fiscali e contrattuali, la gestione di tutti i diritti connessi allo sfruttamento dell’opera, etc.

Qui bisogna fare un’importante distinzione.

Sul web si è diffusa una pratica piuttosto discutibile di confondere il self-publishing con l’editoria tradizionale, in particolare parlare di self-publishing anche in presenza di persone che pubblicano libri scritti da terzi (ghostwriter), sotto forma di pseudonimi, per costruire un business profittevole e scalabile.

La condizione principale nel self-publishing è che chi pubblica l’opera sia autore della stessa e proprietario naturale dei suoi diritti.

Al contrario quando si commissiona la produzione di un’opera a terzi mediante servizi come Fiver o Upwork, sdi fatto si sta agendo da editori, poiché si commissione la produzione di un’opera da parte di un autore terzo che ne cede i diritti in cambio di un compenso economico.

In questa guida fiscale, quindi, non tratteremo mai questa situazione che è molto “utilizzata” in questo periodo, perché semplicemente non è self-publishing, ma editoria tradizionale.

Quando parliamo di self-publishing facciamo sempre riferimento ad autori veri che hanno scritto opere di fiction o non-fiction, escludendo anche dalla categoria tutti coloro che pubblicano quelli che vengono definiti no-content book (journal, libri da colorare, etc.).

Non esiste una normativa specifica sul self-publishing

Al momento in cui scrivo questa guida non esiste in Italia una normativa organica e specifica sul self-publishing. Questo accade perché semplicemente il fenomeno è troppo recente (Youcanprint nasce nel 2007) e il legislatore probabilmente non ha ancora ritenuto opportuno dotarsi di norme, ma ha adattato al self-publishing quelle esistenti sul diritti d’autore. 

Pubblicazione Diretta o Indiretta

Una prima grande distinzione che dobbiamo compiere per poter comprendere le implicazioni fiscali del self-publishing è la differenza tra distribuzione diretta o indiretta.

Per distribuzione diretta intendiamo quella condizione in cui l’autore si occupa personalmente di inviare, di vendere mediante il proprio sito o personalmente le copie dei suoi libri a lettori, librerie, distributori, etc.

Per distribuzione indiretta, invece, intendiamo la situazione più diffusa in cui l’autore affida i diritti di distribuzione e vendita del proprio libro ad una piattaforma come Youcanprint che si occupa di fare da intermediario con le librerie online, librerie fisiche e i lettori per la distribuzione e la vendita.

Nel primo caso (la distribuzione diretta), di fatto l’autore sta compiendo un’attività d’impresa poiché si sta occupando di tutto il ciclo produttivo e di vendita, sta organizzando e coordinando i mezzi di produzione per ottenere un ritorno economico, pertanto in questo caso è necessario aprire la partita iva, in quanto il reddito generato è proprio di un’attività economica e quindi è un reddito d’impresa.

Nel secondo caso (la distribuzione indiretta), l’autore incassa delle royalties a fronte della cessione dei diritti di distribuzione e vendita e pertanto il reddito ottenuto a titolo di royalties è assimilato al reddito da lavoro autonomo.

In assenza di una disciplina specifica, come abbiamo spiegato prima, questo aspetto è stato approfondito da una circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9 del 10 aprile 2019.

In questa circolare infatti viene confermata la validità di quanto previsto dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), all’articolo 53, comma 2, lettera b):

“2. Sono inoltre redditi di lavoro autonomo:

[…]

b) i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali”  

Per questo motivo, in caso di distribuzione indiretta, ciò che viene generato non è un reddito di impresa bensì reddito da royalties.

Non configurandosi una vera e propria attività editoriale tradizionale ma un riconoscimento economico per il diritto concesso a terzi (piattaforme, librerie online, etc.) di ottenere dei ricavi mediante lo sfruttamento di tale diritto, l’autore non svolge attività economica e pertanto non è necessario aprire una Partita Iva. 

Self-publishing senza partita iva e trattamento fiscale dei diritti d’autore.

Tratteremo, ora, esclusivamente la situazione in cui l’autore affida ad una piattaforma la distribuzione e la vendita dei propri libri. In questo caso dobbiamo distinguere due casi: il caso in cui la piattaforma con sede in Italia (è il caso di Youcanprint) e il caso in cui la piattaforma con sede in un Paese Estero (è il caso di Amazon). 

Nel caso di piattaforma con sede in un paese estero, l’autore italiano potrà rilasciare esclusivamente una ricevuta per i compensi ricevuti e non sarà soggetto quindi alla ritenuta d’acconto.

L’autore dovrà poi farsi carico di includere queste ricevute per i compensi ottenuti nella propria dichiarazione dei redditi, per permettere che questi redditi vengono tassati secondo la normativa italiana.

Nel caso di piattaforma residente in Italia come Youcanprint, essa agirà come sostituto d’imposta e procederà a una trattenuta fiscale nel momento dell’erogazione dei compensi maturati e fornirà all’autore ogni anno la certificazione unica dei compensi che l’autore potrà utilizzare per la propria dichiarazione dei redditi.

Per approfondire in che modo viene calcolata la trattenuta fiscale puoi leggere un altro contenuto che ho scritto per te “Diritti d’autore (royalty): cosa sono, come sono tassati e come dichiararli“.

Come inserire le royalties nella tua dichiarazione dei redditi

Affrontiamo nel dettaglio come poter inserire nella propria dichiarazione dei redditi i proventi generati dalla distribuzione e vendite dei tuoi libri.

Gli aspetti fiscali da considerare sono fondamentalmente tre:

  • l’ammontare lordo delle royalties percepite;
  • la deduzione forfettaria a cui hai diritto (Del 25% dei proventi se il beneficiario ha un’età pari o superiore ai 35 anni, alla data di percezione dei redditi dichiarati o 40% se il beneficiario ha un’età inferiore ai 35 anni);
  • le eventuali ritenute ricevute nel caso che la piattaforma sia italiana come Youcanprint.

In ogni caso i redditi da diritto d’autore dovranno essere inseriti nel quadro RL all’interno del modello redditi persone fisiche, il quadro dedicato ai redditi residuali (“Altri Redditi”).

I campi da compilare sulla base degli aspetti sopra elencati sono 3:

  • RL 25 in cui indicherete l’ammontare lordo delle royalties;
  • RL 29 in cui scrivete l’ammontare della deduzione forfettarie;
  • RL 31 dove indicherete l’eventuale ammontare delle ritenute subite. 

Ovviamente il nostro consiglio è sempre di affidarti ad un commercialista esperto che sarà in grado di aiutarti a dichiarare correttamente i tuoi redditi, evitando errori che potranno comportare pesanti sanzioni. 

Eventuali contributi previdenziali

È importante fare un approfondimento anche riguardo il tema previdenziale. Se l’autore è iscritto ad una Cassa professionale le royalties seguiranno le norme previste da questi ordini ovvero le norme applicate agli altri redditi percepiti all’interno della propria attività principale.

Qualora invece l’autore non sia iscritto a nessuna gestione specifica e questa è la condizione principale degli autori in Italia, l’obbligo previdenziale decade completamente e non sorge nessun obbligo specifico. 

Self-publishing con partita iva

La domanda che sorge spontanea allora è: quando aprire la partita iva?

La risposta è piuttosto semplice: la partita IVA è quella condizione fiscale che si attiva quando l’attività diventa rilevante o per importo o per organizzazione di tempo o di lavoro. Non esiste una misura di questa condizione, ma è la periodicità o l’intenzione di lavorare in modo continuativo che la richiede.

Per questo motivo sarà necessario aprire una partita iva sia quando l’attività derivante dallo sfruttamento dei diritti d’autore diventa rilevante, in termini di reddito generato, oppure quando l’organizzazione del lavoro adottata è tale per cui l’autore pubblica e distribuisce opere non solo sue ma anche scritte da terzi, svolgendo una vera e propria attività editoriale. 

Esistono due tipologie di partita iva che un autore può decidere di aprire:

  • Partita iva come ditta individuale: in questo caso è necessaria l’iscrizione al registro delle imprese. Si potrà usufruire dell’aliquota iva agevolata al 4% ma, per esempio, non si potrà accedere al regime forfettario;
  • Partita iva come scrittore freelance: in questo caso potrai accedere al regime forfettario e iscriverti anche alla gestione separata INPS. 

Se non hai ben chiaro in quale delle due situazioni puoi trovarti il nostro consiglio è sempre quello di consultare un commercialista esperto in materia, sarà in grado di indirizzarti e compiere la scelta migliore in una prospettiva di lungo periodo.

Una avvertenza va fatta riguardo ai regimi forfettari.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente chiarito che: i redditi da diritto d’autore concorrono a comporre il reddito oggetto del regime forfettario solo se sono connessi in maniera stretta e chiara all’attività principale svolta dal possessore di partita iva

La guida alla fiscalità di Youcanprint

guida alla fiscalità del self publishing

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Serve Partita IVA per fare self-publishing?

La risposta breve è: dipende dal tipo di attività svolta e dalla modalità di distribuzione scelta. Non tutti gli autori che scelgono il self-publishing hanno bisogno di una Partita IVA.

Ecco i due scenari principali:

  1. Non serve la partita IVA
    • Se l’autore pubblica e distribuisce il proprio libro tramite piattaforme come Youcanprint o Amazon, delegando a loro la vendita e la distribuzione.
    • In questo caso, le entrate generate dalle royalties vengono considerate redditi da lavoro autonomo e dichiarate come tali nella dichiarazione dei redditi.
    • Non si configura un’attività d’impresa, ma solo la concessione dei diritti economici sull’opera.
  2. Serve la partita IVA
    • Se l’autore si occupa direttamente della produzione, promozione, distribuzione e vendita dei libri, gestendo tutto il ciclo produttivo e commerciale.
    • Quando la pubblicazione diventa un’attività continuativa o il reddito generato è rilevante, è necessario aprire una Partita IVA, poiché il reddito viene considerato di tipo imprenditoriale.
    • L’autore che pubblica opere di terzi o utilizza ghostwriter per creare contenuti rientra nel settore editoriale tradizionale e, quindi, ha bisogno della Partita IVA.

Quale codice ATECO utilizzare per il self-publishing?

La scelta del codice ATECO è altrettanto importante per identificare l’attività svolta dall’autore e per stabilire il regime fiscale applicabile. Per il self-publishing, i codici più utilizzati sono:

  • 58.11.00 - Edizione di libri: utilizzato da autori che gestiscono personalmente la produzione e la distribuzione del libro, configurandosi come editori.
  • 74.90.99 - Altre attività professionali nca: questo codice è più adatto per chi opera come scrittore freelance o si dedica alla scrittura e vendita delle proprie opere.

In caso di dubbio, consiglio sempre di consultare un commercialista, che potrà suggerirti il codice ATECO più adatto in base alla specificità della tua attività.

Quante tasse si pagano dalla vendita di un libro?

L’ammontare delle tasse per il self-publishing varia in base al regime fiscale applicato e al tipo di reddito dichiarato. Se operi senza Partita IVA, i compensi derivanti dalle royalties sono considerati redditi da lavoro autonomo. L’imponibile netto viene tassato secondo gli scaglioni IRPEF, che variano dal 23% al 43%, in base al reddito complessivo dichiarato.

Nel caso in cui sia necessaria la Partita IVA, l’ammontare delle tasse dipende dal regime fiscale scelto. Con il regime forfettario, applicabile per redditi fino a 85.000 euro, si beneficia di un’aliquota agevolata del 15%, ridotta al 5% per i primi cinque anni se si rispettano determinate condizioni. Questo regime non prevede l’applicazione dell’IVA sulle vendite. Per chi supera tale soglia o sceglie il regime ordinario, le imposte comprendono l’IRPEF, l’IVA e i contributi previdenziali, con percentuali più elevate e una maggiore complessità amministrativa.

Infine, per quanto riguarda i contributi previdenziali, se non sei iscritto a un albo professionale, dovrai versare i contributi alla Gestione Separata INPS, attualmente calcolati al 26,23% del reddito imponibile. Questo obbligo è essenziale per garantirti una copertura previdenziale e una corretta gestione dei redditi derivanti dalla tua attività di scrittore. Per evitare errori o problematiche con il fisco, è sempre consigliabile affidarsi a un commercialista esperto.

Conclusione

In definitiva possiamo affermare che se un autore scrive e pubblica personalmente i suoi libri non è obbligato ad aprire una partita iva per pubblicare i propri libri in self-publishing.

Il reddito generato dalla vendita dei libri sarà assimilato al lavoro autonomo. In questo caso rientrano la maggior parte degli autori.

Se invece un autore o un'autrice pubblica libri di terzi o scritti da terzi e pubblicati col suo nome o uno pseudonimo, se organizza tutti i mezzi di produzione per svolgere un'attività continuativa e soprattutto se il reddito generato da queste attività risulta rilevante nella sua vita, allora è necessario aprire la partita iva in quanto il reddito generato dalla vendita dei libri è assimilato al reddito d’impresa.

Leggi anche :

Pubblicare un libro senza casa editrice

Promuovere un libro autopubblicato: da cosa partire


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