9 cose che devi sapere prima di pubblicare un libro con Amazon KDP
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Ma cosa succede quando gli autori decidono di fare causa all’Intelligenza Artificiale?
Negli Stati Uniti, alcuni scrittori hanno deciso che era il momento di tirare fuori gli artigli e hanno fatto causa a ChatGPT, il celebre strumento di intelligenza artificiale prodotto da OpenAI. Tra questi ci sono personaggi del calibro di Sarah Silverman, nota comica, e Paul Tremblay, un romanziere di tutto rispetto. Ma cosa è successo esattamente? Scendiamo nei dettagli di questa vicenda che sembra uscita da un romanzo di fantascienza.
Innanzitutto, devi sapere che queste cause per violazione del diritto d’autore non sono state accolte in toto dai giudici. Sì, hai capito bene. Un giudice federale in California ha deciso di archiviare gran parte delle accuse mosse dagli autori contro OpenAI, lasciando tutti un po’ a bocca aperta.
La giudice Araceli Martínez-Olguín ha messo insieme le cause di Silverman e Tremblay con un’altra simile, intentata da un gruppo che include nomi noti come Michael Chabon, Ta-Nehisi Coates e Andrew Sean Greer. Insomma, un vero e proprio dream team della letteratura che si è schierato contro la grande IA.
Il motivo principale di questa parziale sconfitta in tribunale? La Martínez-Olguín ha spiegato che non è stata dimostrata una “sostanziale somiglianza” tra i libri degli autori e l’output generato da ChatGPT, rendendo di fatto insufficiente l’accusa di aver creato opere derivate violando i diritti d’autore.
Ma non è tutto rose e fiori per OpenAI. Nonostante la maggior parte delle accuse siano state respinte, tra cui negligenza, arricchimento ingiusto e violazioni del Digital Millennium Copyright Act (una sorta di legge per il diritto d’autore in USA), c’è ancora una spina nel fianco per l’azienda: l’accusa di concorrenza sleale per aver utilizzato i libri coperti da diritto d’autore senza il permesso degli autori.
E per rendere il tutto ancora più interessante, c’è da dire che questa non è la prima volta che si solleva una questione del genere. Anche Meta, il gigante dietro Facebook, si è trovato in acque simili con il suo strumento di intelligenza artificiale, LLaMA. Anche in quel caso, la battaglia legale ha visto momenti di svolta simili.
Gli scrittori, a quanto pare, non hanno alcuna intenzione di arrendersi. Hanno chiesto alla Martínez-Olguín di bloccare una causa simile a New York, accusando OpenAI di cercare il foro giudiziario più favorevole. E la trama si infittisce quando scopriamo che, secondo l’Atlantic, oltre 170.000 libri di autori del calibro di Zadie Smith e Stephen King sono stati utilizzati per addestrare strumenti di intelligenza artificiale come LLaMA di Meta.
Gli autori hanno tempo fino al 13 marzo per modificare la loro denuncia, e qualcosa ci dice che questa storia è tutt’altro che finita. Cosa ne pensi? Saranno gli autori a vincere, oppure la visione di OpenAI?
Beh, sicuramente questo processo ha tutte le carte in regola per diventare un caso di studio su come l’intelligenza artificiale sta ridefinendo i confini della creatività e del diritto d’autore.
Alla prossima.
PS: abbiamo parlato di ChatGPT anche qui
Alessandro
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Il problema è proprio questo: che l’IA dev’essere in grado di sfruttare testi altrui, per creare un testo originale. Né più né meno di quel che facciamo noi autori umani: che leggiamo Tizio, Caio e Sempronio e poi creiamo un prodotto originale; anche se poi ci sarà sempre qualche lettore che dirà: “Però, anche Caio aveva scritto qualcosa di simile”.
In sostanza siamo fregati. Ma il problema vero saranno gli usi “impropri”, finalizzati al controllo sociale, dell’IA.
Ciao Alberto, la tua ultima riflessione tocca un punto fondamentale nella discussione sull’intelligenza artificiale e il suo impatto sulla creatività e, più in generale, sulla società. Il parallelo che tracci tra il processo creativo umano, che spesso incorpora e si ispira a opere preesistenti, e il modo in cui l’IA potrebbe essere progettata per operare in modo simile, è particolarmente significativo.
Come autori, ci nutriamo dell’esistente. Leggiamo, assorbiamo, riflettiamo, e poi produciamo qualcosa di nuovo che, pur avendo radici nel passato, si distingue per la sua unicità. Questo è il cuore dell’innovazione e della creazione. La sfida nell’applicare questo processo all’IA sta nel mantenere quel delicato equilibrio tra ispirazione e originalità, assicurando che l’output dell’IA sia non solo nuovo ma anche eticamente prodotto, rispettando i diritti d’autore e la proprietà intellettuale.
L’IA, nel suo attuale stato di sviluppo, è già in grado di produrre contenuti che possono sembrare originali a un occhio non esperto. Tuttavia, la questione più grande, come sottolinei, non è solo se l’IA possa creare qualcosa di nuovo ispirandosi a opere esistenti, ma piuttosto come queste capacità possano essere sfruttate o mal utilizzate.
Il timore di “usi impropri” dell’IA, soprattutto quelli finalizzati al controllo sociale, è un’area di preoccupazione crescente. Questi usi impropri vanno ben oltre la questione della proprietà intellettuale, toccando i fondamenti stessi della nostra libertà, privacy e autonomia. L’IA ha il potenziale di influenzare l’opinione pubblica, modellare il comportamento sociale e persino manipolare processi democratici, se utilizzata senza un quadro etico solido e una regolamentazione adeguata.
La tua affermazione “siamo fregati” esprime una comprensibile ansia di fronte a queste potenziali minacce. Tuttavia, credo che sia anche un richiamo all’azione per tutti noi, nel settore creativo e oltre, a impegnarci attivamente nel dibattito sull’IA. Dobbiamo lavorare insieme per sviluppare linee guida etiche, regolamentazioni e meccanismi di controllo che assicurino che l’IA venga utilizzata in modi che arricchiscano la società piuttosto che minacciarla.
La chiave, credo, sta nel promuovere un dialogo continuo tra sviluppatori di IA, creativi, legislatori e il pubblico, per assicurare che l’evoluzione dell’IA rifletta i nostri valori collettivi e le nostre aspirazioni per un futuro in cui la tecnologia serve a migliorare, non a diminuire, la nostra umanità.
Grazie ancora per aver condiviso le tue profonde riflessioni su questo argomento. È attraverso questi scambi di idee che possiamo sperare di navigare il futuro dell’IA in modo consapevole e intenzionale.
Dipende dal livello di riproduzione.
Lo stesso problema si era proposto con i software, che potevano essere copiati integralmente o in parte, oppure poteva essere copiata l’analisi risolutiva, ma realizzati con altre istruzioni.
Se AI legge libri, questo è lecito, se ne copia pezzi, no.
Se, dalla lettura, AI si forma “convincimenti”che la portano ad azioni creative/aggregative successive, secondo me è lecito perché è lo stesso meccanismo mentale di un lettore di libri umano ed è anche ciò che desidera lo scrittore