9 cose che devi sapere prima di pubblicare un libro con Amazon KDP
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Un libro scritto in parte con ChatGPT ha vinto un premio letterario. Ti sembra impossibile? E invece, è esattamente quello che è successo alla scrittrice giapponese Rie Kudan, che ha recentemente fatto notizia vincendo il prestigioso premio Akutagawa, uno dei riconoscimenti letterari più importanti in Giappone, per il suo romanzo “The Tokyo Tower of Sympathy”.
Questo successo ha avuto una cassa di risonanza incredibile proprio perché Kudan ha utilizzato l’intelligenza artificiale, specificamente ChatGPT, nella stesura del suo libro.
Il romanzo di Kudan, che tratta i dilemmi di un architetto incaricato di costruire una prigione confortevole a Tokyo, integra temi di intelligenza artificiale. Interessante è il modo in cui l’autrice ha utilizzato ChatGPT: ha conversato con l’IA per esplorare problemi personali, trasferendo poi questi dialoghi e sentimenti nel suo personaggio principale. Questo processo ha permesso a Kudan di esprimere la sua creatività in modo nuovo e innovativo, con ChatGPT che ha contribuito a circa il 5% del testo finale.
Come prevedibile, la vittoria di Kudan ha scatenato un dibattito sull’uso dell’intelligenza artificiale nella letteratura. Mentre alcuni vedono questa tecnologia come un’opportunità per nuove forme di espressione creativa, altri nutrono preoccupazioni riguardo ai diritti d’autore e all’autenticità artistica.
Nonostante le polemiche, figure importanti nel mondo letterario giapponese, come Keiichiro Hirano, membro del comitato del premio Akutagawa, hanno difeso l’opera di Kudan, sottolineando che l’uso dell’IA non diminuisce il valore letterario del suo lavoro.
Il successo di Rie Kudan ha sollevato questioni importanti riguardo i diritti d’autore nell’era dell’intelligenza artificiale. Più di 10.000 autori, tra cui nomi noti come James Patterson, Roxane Gay e Margaret Atwood, hanno messo nero su bianco le loro preoccupazioni firmando una lettera aperta.
In questa, chiedono ai leader del settore dell’IA di ottenere il consenso degli autori quando utilizzano le loro opere per addestrare modelli linguistici di grandi dimensioni e di offrire un’equa compensazione per l’uso di tali opere.
La tensione tra l’innovazione tecnologica e i diritti d’autore si è intensificata con l’azione legale collettiva intentata da scrittori come George RR Martin, Jodi Picoult e John Grisham contro OpenAI, l’azienda dietro ChatGPT. Accusano l’azienda di utilizzare indebitamente opere protette da copyright per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale, sollevando interrogativi sulla proprietà intellettuale e sull’etica nell’uso dell’IA nella creazione artistica.
Ora lo chiedo a te: che ne pensi dell’Intelligenza Artificiale nella scrittura di un libro e quale saranno gli sviluppi futuri di questa tecnologia?
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Ho già scritto un’altra volta il mio pensiero. L’AI forse un giorno sarà usata bene e sarà una vera intelligenza, per ora la mia esperienza è stata negativa. Per quanto riguarda i libri devo dire che vado orgoglioso della scritta “made by human” che avete messo, mi pare, nel colophon del mio ultimo libro. nel bene o nel male quello è frutto del mio lavoro.
A mio modesto parere l’intelligenza artificiale non dev’essere usata in contesti creativi, dev’essere una prerogativa umana! Si sta usando l’intelligenza artificiale anche in altri ambiti artistici, come anche la musica. Va bene che l’IA ci possa aiutare per renderci visibili nel grande mare di Internet, all’inizio è stata creata per questo scopo. Ma se si una l’intelligenza artificiale su opere letterarie, questa potrebbe uccidere la creatività degli scrittori. Si sta già applicando anche nel disegno, ma a me non piacciono, ma dipende dai nostri gusti.
Mi chiedo se l’intelligenza artificiale sia in grado di avere un’idea su cui scrivere e sviluppare la storia e i personaggi.
Personalmente non ho aspirazioni da best-seller nè punto a grandi folle di lettori, quel che mi interessa è condividere il più possibile il mio pensiero e, anche per vanità, essere “riconosciuto” come scrittore con una certa originalità. Se usassi l’AI non sarebbe farina del mio sacco, per cui non sarei gratificato. Però non condanno l’uso dell’AI, vieppiù se utilizzata come ha fatto Rie Kudan, dipende dagli obiettivi che uno si pone. Inoltre, negli approfondimenti che sono stati necessari durante la scrittura anche io ho utilizzato il web, anche in questo caso dipende da come si usa lo strumento.
Non ci vedo un bene o un male nell’uso della IA, che può essere un ulteriore strumento per ampliare i processi creativi. Credo invece che si debba regolamentare l’uso improprio che ne può essere fatto dall’essere umano. Ho letto un articolo in cui si parla di autori che hanno sviluppato libri tramite IA per poi farli passare per proprie opere, ed in questo caso sarebbe difficile una verifica. Ma soprattutto in tali casi i diritti dell’opera a chi dovrebbero essere riconosciuti? Credo comunque che.l’uso della IA possa essere interessante se divententa una collaborazione nel processo creativo e non un sostituto completo per massimizzare una produzione con una drastica riduzione dei tempi di produzione.
Ciao Gabriele, grazie per aver condiviso i tuoi pensieri sull’uso dell’intelligenza artificiale nel processo creativo, in particolare nel campo della scrittura e della pubblicazione di libri. La tua riflessione apre una finestra su un dibattito molto attuale e rilevante, non solo nel nostro settore, ma in tutta la società.
Concordo pienamente con la tua visione che l’IA, in sé, non è intrinsecamente buona o cattiva; è uno strumento che, come ogni tecnologia avanzata, offre sia opportunità che sfide. La capacità di ampliare i processi creativi tramite l’utilizzo dell’IA è una prospettiva eccitante. Essa può agire come un catalizzatore per l’innovazione, offrendo nuovi modi per esplorare idee, generare contenuti e superare i blocchi creativi.
Tuttavia, come giustamente sottolinei, il rischio di un uso improprio dell’IA solleva questioni etiche significative. La problematica degli autori che utilizzano l’IA per sviluppare libri e poi li presentano come esclusivamente frutto del loro ingegno, senza riconoscere il contributo dell’IA, tocca il cuore dei diritti d’autore e dell’autenticità creativa. Questo solleva un importante quesito: in tali casi, a chi dovrebbero essere riconosciuti i diritti dell’opera?
La risposta a questa domanda è complessa e richiede un attento esame delle norme che governano i diritti d’autore, l’autenticità e la proprietà intellettuale. È evidente che serve una regolamentazione chiara che delinei come l’IA può essere eticamente utilizzata nelle pratiche creative, assicurando che gli autori siano incentivati a utilizzare questa tecnologia in modo responsabile e trasparente.
Sono d’accordo con te nell’affermare che l’uso dell’IA dovrebbe essere visto come una collaborazione nel processo creativo piuttosto che come un sostituto per l’ingegno umano. Questa prospettiva preserva il valore insostituibile dell’intuizione creativa umana, garantendo che l’IA rimanga uno strumento al servizio dell’innovazione, piuttosto che una scorciatoia per la produzione di massa.
In definitiva, il futuro dell’IA nella creatività è tanto promettente quanto complesso. La nostra sfida sarà navigare in queste acque inesplorate con un occhio alla regolamentazione etica, alla trasparenza e al rispetto per l’unicità dell’espressione creativa umana. È un viaggio che dobbiamo intraprendere con cura, dialogo aperto e un impegno condiviso per valorizzare sia l’innovazione che l’integrità creativa.
Grazie ancora per aver sollevato un argomento tanto stimolante. È una discussione che, sono sicuro, continueremo a esplorare nei prossimi anni, man mano che l’IA diventerà sempre più integrata nel nostro lavoro creativo.