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È la domanda che prima o poi, chi si accinge a scrivere un libro, si pone: come scegliere il punto di vista per raccontare una storia? Si tratta certamente di un argomento molto vasto, che richiede alcuni approfondimenti e considerazioni utili per tutti gli scrittori. Ma iniziamo cercando di capire cosa si intende, esattamente, quando si parla di “punto di vista” per il racconto di una storia.
La scelta del punto di vista all’interno di un racconto determina a quale “distanza” colui che racconta la storia si pone nei confronti degli altri personaggi protagonisti. Ogni opzione presenta dei pro e dei contro, ed è proprio per questo che bisogna fare delle considerazioni preliminari al fine di valutare le implicazioni derivanti da una scelta anziché di un’altra, in modo da utilizzare l’opzione “narrativa” più favorevole. Per farlo dobbiamo innanzitutto capire quali sono i possibili punti di vista che uno scrittore può adottare nella sua narrazione.
Per comprendere cos’è il “punto di vista” in un libro basta pensare al contenuto stesso di quest’ultimo: un testo contiene una storia che viene narrata da un autore, e il punto di vista narrativo non è altro che il punto di osservazione con cui quella storia viene raccontata ai lettori. Così come avviene in un film, lo scrittore è il regista del suo libro: decide chi sono i personaggi, da dove vengono e il loro passato, la loro indole e i loro comportamenti.
Lo stesso vale anche per il punto di vista con cui l’autore vuole raccontare le vicissitudini del libro al lettore: il regista del proprio libro decide come inquadrare i suoi personaggi, su quali punto focalizzarsi e, non meno importante, il punto di vista della narrazione.
La scelta di quest’ultimo è fondamentale, perché se corretta può davvero coinvolgere il lettore e aiutarlo ad addentrarsi correttamente nella storia. Se il punto di vista che il narratore ha scelto non è chiaro, il lettore non riuscirà a catapultarsi all’interno del racconto, né riuscirà a capire da quale angolazione sta “osservando” la scena, in questo modo finirà per sentirsi disorientato e abbandonare la lettura.
Il lettore ha dunque bisogno di comprendere qual è il punto di vista che l’autore ha utilizzato nella storia, altrimenti la lettura sarà insoddisfacente. Vediamo dunque come orientarsi e scegliere il giusto punto di vista per una storia.
Comprendere cosa si intende per punto di vista della storia è semplice, immagina una simile scena: due fidanzati chiacchierano in un bar, poi escono e discutono animatamente per qualcosa che è successo il giorno prima. Magari per strada non ci sono passanti, i due camminano fianco a fianco e si confrontano vivacemente. Oppure immagina questa scena alternativa: la strada su cui passeggiano i due innamorati e piena di persone, e loro non riescono a dialogare su ciò che li attanaglia, così decidono di separarsi. Si tratta di un esempio banale, che ti fa comprendere come il regista della propria storia è lo scrittore: è lui che decide tutto sui personaggi.
Il punto di vista interno, quando usato nel testo, racconta con lo sguardo puntato negli occhi di uno dei personaggi; questo coincide cioè con il punto di vista di un determinato personaggio.
È come se la telecamera fosse puntata direttamente ai suoi occhi, e la scena venisse mostrata al lettore tramite il suo sguardo. Nell’esempio fatto sopra dei due innamorati, quando si utilizza questo punto di vista “interno” la storia viene raccontata in prima persona dal personaggio stesso, è quest’ultimo che è al contempo anche narratore.
I vantaggi che derivano dallo scrivere in prima persona sono tanti:
Lo svantaggio più importante di questa tecnica deriva invece dal fatto che il personaggio/narratore deve essere attivo in qualsiasi “scena” del libro, perché è lui stesso che la racconta al lettore.
Quando viene usato il punto di vista esterno, l’attenzione viene puntata sulle spalle del narratore. In questo caso la storia viene narrata utilizzando il “tu”, ovvero la seconda persona.
I vantaggi di questa tecnica sono diversi: in primis l’autore può scrivere con più facilità, perché può parlare direttamente con il lettore per spiegare i vari capitoli, i personaggi e gli avvenimenti. Il lettore si sentirà così in sintonia con lo scrittore, e non avrà difficoltà di immedesimarsi e lasciarsi coinvolgersi nella storia.
Lo svantaggio di questa tecnica è invece quello di non essere particolarmente efficace quando si tratta di raccontare storie molte lunghe, in questo caso potrebbe diventare molto complicato “parlare” sempre direttamente con il lettore.
Il punto di vista esterno: la narrazione in terza persona limitata o soggettiva
Se il libro utilizza il punto di vista “esterno” ai personaggi, il testo viene scritto in terza persona. Qui il focus viene posto vicino a un personaggio determinato, descrivendo al lettore ciò che succede come se, lo scrittore stesso, ne fosse quasi estraneo.
Il narratore in terza persona dunque, racconta al lettore ciò che avviene e come si comportano i vari personaggi. Da quello che il narratore racconta il lettore riesce a farsi l’idea dei pensieri e delle emozioni dei personaggi della storia.
Quando si utilizza un punto di vista esterno, è come se l’occhio del narratore venisse posizionato in un punto posto in alto, da cui si vede tutto ciò che si svolge. In questo caso il testo viene scritto in terza persona e l’autore che narra è posto in modo esterno rispetto ai personaggi.
A differenza del narratore in terza persona soggettiva, tuttavia, che guarda gli avvenimenti in modo limitato, il narratore “onnisciente” conosce tutti i particolari dei suoi personaggi, compresi i sentimenti e le azioni, come si comportano e come si comporteranno in futuro. Il narratore “onnisciente” riesce spesso a far sentire la sua presenza al lettore, spesso interagisce con quest’ultimo dando i suoi commenti, oppure limitandosi a dare al lettore la sua personale visione.
Certamente l’uso della terza persona onnisciente presenta il vantaggio di dare una grande vivacità al testo, proponendo al lettore i numerosi punti di vista sui suoi protagonisti. In questo modo il testo non è mai noioso e scontato. Dall’altro lato usare la terza persona onnisciente può avere uno svantaggio non indifferente: passare da un personaggio all’altro con molta frequenza può confondere il lettore e disorientarlo.
Nelle opere di narrativa contemporanea, la terza persona soggettiva è in genere la soluzione più utilizzata dagli autori. Il motivo è semplice: questa opzione permette allo scrittore di essere maggiormente flessibile, mettendosi molto vicino a un determinato personaggio, o viceversa, collocandosi a una distanza intermedia tra i numerosi personaggi.
L’autore può così decidere a quale distanza mettersi rispetto ai vari personaggi, in base al ritmo che vuole dare alla narrazione. L’autore che sceglie di narrare la sua storia da un punto di visto “esterno” ai suoi personaggi, ma focalizzandosi sul suo protagonista, otterrà un effetto analogo a quello di una narrazione in prima persona, ma senza andare incontro ai limite di dover necessariamente stare nella “testa” di un unico personaggio.
In alternativa l’autore può scegliere di modificare il punto di vista e seguirne diversi in base ai personaggi, alternandoli in modo da dare una visione d’insieme della storia al lettore. Così, ad esempio, un capitolo potrebbe essere scritto in prima persona, un altro in secondo persona (con il narratore che dialoga direttamente con il personaggio protagonista) il terzo in terza persona e così via.
Un testo scritto in questo modo sicuramente non annoierà il lettore, anzi conferirà al testo originalità e unicità. È innegabile però che, un punto di vista multiplo, potrebbe essere difficile da gestire da parte dell’autore, per questo motivo è consigliabile sceglierlo soltanto se il narratore si sente davvero “padrone” dei suoi personaggi e della trama.
Come puoi vedere, ogni scelta presenta i suoi vantaggi e svantaggi.
Scegliere il punto di vista della storia non si traduce soltanto nella scelta dei pronomi da usare, ma anche nella determinazione di altri importanti fattori: in particolare quelli relativi alla distanza con cui vuoi collocare il lettore rispetto al racconto.
Se lo scrittore sta scrivendo un racconto, la scelta migliore potrebbe essere quella di optare per un punto di vista unico, utilizzandolo ovviamente in modo coerente per tutto il testo (considerata la brevità del racconto, infatti, i lettori non avrebbero il “tempo” per adattarsi a punti di vista multipli).
Se l’autore vuole scrivere un romanzo, invece, potrebbe optare per un punto di vista “unico” o, viceversa, alternare le varie vicissitudini raccontate utilizzando diversi punti di vista.
Se lo scrittore desidera che il lettore si identifichi perfettamente con il suo personaggio protagonista, e provare così i suoi stessi sentimenti, è importante che venga scelto un unico punto di vista, usando sempre la prima persona in modo da dare voce al personaggio stesso che si racconta.
Se invece si desidera che il lettore conosca anche fatti che il personaggio protagonista stesso non conosce, o magari desidera creare un po’ di “suspence”, allora si potrebbe decidere di scrivere la storia usando un punto di vista multiplo, magari passando di capitolo in capitolo dal punto di vista di un protagonista a quello di un altro.
Per scegliere il punto di vista migliore per la propria storia puoi prendere in considerazione questi consigli:
La risposta comunque, verrà da se: per comprendere qual è il miglior punto di vista per la propria storia bisogna soffermarsi sui personaggi principali, su cosa si vuole comunicare tramite le loro vicissitudini e su quale punto di desidera attrarre l’attenzione del lettore.
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