10 metodi per promuovere un libro e vendere di più
Abbiamo realizzato un elenco di dieci metodi per promuovere un libro che ogni scrittore può provare e che non richiedono un investimento economico proibitivo, ma...
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Quante volte durante la giornata siamo chiamati a prendere decisioni anche in modo repentino? E quante volte si cade nella trappola di errate valutazioni che portano a decisioni sbagliate o non necessarie in quel momento? Siano nell’ambito dei bias cognitivi.
Si tratta di costrutti della nostra mente che si fondano su interpretazioni distorte della realtà che entrano in gioco quando si tratta di prendere decisioni in fretta e senza troppo impegno.
Una situazione nella quale si cade molto spesso e in modo assolutamente naturale. Succede molto frequentemente nel campo del marketing e della comunicazione social e capirai bene che i bias cognitivi entrando in gioco quando dobbiamo prendere una decisione, rivestono una rilevanza quando applicati ad una strategia promozionale.
La loro origine è da cercare nel modo in cui il cervello processa le informazioni che le persone ricevono nel loro quotidiano. Essere sottoposti a troppi stimoli può causare una sorta di “sovraccarico informativo” e, per evitarlo, il nostro cervello ricorre a una serie di stratagemmi che ci aiutano a gestire le informazioni senza esserne sopraffatti ma, quando questi sono applicati al contesto sbagliato, ci portano a pensare e a comportarci in maniera irrazionale, originando i bias cognitivi.
I motivi possono essere tanti, ma si può riassumerli in un unico concetto: la propria esperienza.
Ogni esperienza che facciamo e aggiungiamo al nostro bagaglio diventa un gradino della scala di valori attraverso cui, ogni volta, la nuova realtà, quella che istante dopo istante si presenta davanti a noi, viene interpretata.
Le nostre scelte vengono influenzate dall’educazione ricevuta, dalla cultura acquisita negli anni, così come dalle credenze a cui siamo stati abituati. Insomma, quando ci creiamo degli schemi mentali forti e radicati è un problema superarli e aprirsi a nuovi modi di vedere la realtà circostante. Ecco, è in quel momento, che siamo alle prese con i bias cognitivi.
Ma non è solo la nostra esperienza a creare il terreno fertile per questi meccanismi. Ci sono le leve psicologiche che contribuiscono a indurci verso una scelta escludendone un’altra.
Le principali leve psicologiche che entrano in gioco nel campo del marketing sono:
Esiste una disciplina che monitora i consumatori e ne studia i processi decisionali che si attivano durante la fase di acquisto di un prodotto: il neuromarketing.
La definizione che di Neuromarketing ci da insiedemarketing.it è quella più completa, quindi la utilizzeremo come riferimento:
il Neuromarketing è l’applicazione delle conoscenze e delle pratiche neuroscientifiche al marketing, allo scopo di analizzare i processi inconsapevoli che avvengono nella mente del consumatore e che influiscono sulle decisioni di acquisto o sul coinvolgimento emotivo nei confronti di un brand.
I meccanismi, quindi, che si innescano nella nostra mente quando siamo impegnati in una scelta, e nell’acquisto di un determinato prodotto, sono acquisizioni fondamentali per chi vuole utilizzare gli strumenti di marketing per promuovere il proprio libro.
Al centro di tutto c’è la nostra vulnerabilità. È lì che il bias cognitivo si attiva, crea nella mente una distorsione della realtà che ci induce a fare una scelta invece che un’altra. Capirai bene che conoscere e ri-conoscere i bias cognitivi è molto importante sia per chi deve promuovere un libro o in generale un prodotto, sia per chi acquista.
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente la psicologia è fondamentale nell’ambito del marketing, della definizione di strategie comunicative e promozionali per fare leva sui potenziali clienti.
I bias cognitivi, ovvero gli errori che prendono il sopravvento nel processo di scelta ai fini di un acquisto, sono determinanti. Ciò che viene principalmente soddisfatta attraverso le migliori strategie di comunicazione è proprio la debolezza di un bisogno che si rivela impellente.
La capacità di persuasione è l’azione che sta al centro di ogni ricerca di marketing e su questa si costruiscono tutte le strategie comunicative, composte da espedienti che possono indurre il potenziale cliente/lettore a concludere l’acquisto.
Il bias cognitivo è uno strumento molto efficace nell’ambito dei social network e del web marketing, poiché i meccanismi che regolano l’ambiente online puntano sulle valutazioni d’impulso che siamo soggetti a fare.
Il meccanismo che innesca il bias cognitivo contribuisce alla formazione di un giudizio e ne consegue l’esserne influenzati nel prendere la decisione definitiva.
Quando usiamo i social media stiamo utilizzando e sfruttando un canale di intrattenimento e durante la “navigazione” stiamo in realtà abbassando la nostra soglia di attenzione, quella utile a tirar fuori un giudizio critico che sia il più possibile razionale e che non permette all’istinto di prevaricare e di farci quindi influenzare negli acquisti o nella scelta di seguire un brand invece che un altro.
È così che, davanti allo schermo del nostro pc, di un tablet o ancora scrollando il nostro smartphone, l’istinto prende facilmente il sopravvento e si sostituisce a una valutazione più meditata.
Proprio sulla base di questo meccanismo, il bias cognitivo viene utilizzato nell’ambito del social media marketing per trarne un vantaggio economico.
Ad esempio, l’impiego di un colore in un post o l’uso di un copywriting che punta sulle leve psicologiche, sono espedienti che è necessario conoscere molto bene se si vuole promuovere il proprio libro, utilizzando queste tecniche di marketing.
Molteplici sono gli esempi di bias cognitivi, veri e propri luoghi nei quali la mente abbassa le difese e cede a un convincimento dettato dall’impulso o da un istinto. Vediamo qualche esempio di bias cognitivo su cui fare leva per attirare l’attenzione dei lettori.
L’effetto framing si basa sui concetti di perdita e guadagno. Proporre un libro con la dicitura “risparmio del” al posto di “sconto del” è molto più produttivo. Questo atteggiamento deriva dal fatto che facciamo scelte in base al modo in cui un concetto, una proposta, un problema viene formulato.
Tra i più importanti in materia di social media è il bias così detto del “carrozzone“. La parola stessa già ne spiega il significato. Siamo trainati dalle tendenze degli altri. Insomma, scegliamo perché scelgono gli altri. In questo meccanismo si inseriscono degli studi psicologici che definiscono un aspetto importante: la personalità forte o debole dell’utente in questione.
Una persona che ha un carattere deciso e forte avrà una minore tendenza a farsi trascinare, ma qui interviene un latro strumento molto importante: le recensioni.
Queste sono un mezzo su cui il marketing punta tantissimo. Il numero di recensioni lasciato su un prodotto, ad esempio sul libro di un autore emergente, è fondamentale per convincere un lettore ad acquistare il libro scritto da qualcuno di cui non si è mai sentito parlare prima. Le recensioni sono fondamentali sia nel numero che, chiaramente, nella qualità di commenti che racchiudono.
Più è il numero di commenti raccolti, più è la qualità dei loro contenuti, maggiore sarà la possibilità che il libro venga acquistato. In conclusone, attraverso l’effetto carrozzone cresce la fiducia dell’utente nel prodotto, nel servizio o nel brand nel quale navigando in rete ci si è imbattuti.
È chiamato “effetto ancoraggio” quello che lavora sull’attenzione. La nostra, ad esempio, come quella di ogni individuo ha un tempo limitato, insomma non si è sempre attenti al massimo. Proprio in virtù di ciò, cosa accade?
Succede che ci agganciamo generalmente alla prima informazione che riceviamo. È proprio la prima che colpisce maggiormente, quella a cui ci ancoriamo per formulare giudizi durante il processo decisionale. I contenuti che sono affini alla prima informazione ricevuta tendono a essere facilmente assimilati dalla nostra mente, mentre quelli che si discostano solitamente vengono allontanati.
Supponiamo, ad esempio, che dobbiamo acquistare un nuovo smartphone, ci rechiamo in un negozio specializzato, guardiamo e adocchiamo un modello che ci piace, senza ancora essere certi che lo acquisteremo. Si avvicina un commesso e ci dice che solo per pochi giorni è valida un’offerta che abbassa il prezzo di vendita di quello smartphone da 899 a 699 euro. A quel punto con molta probabilità compareremo il prodotto. Il prezzo proposto è stato la nostra ancora, 699 euro non è un prezzo di certo basso e del resto noi non abbiamo fatto una razionale e adeguata valutazione del rapporto qualità/prezzo. Ci è bastato sapere che avremmo potuto risparmiare 200 euro e che l’offerta sarebbe stata valida per pochi giorni per decidere di acquistarlo.
Questo tipo di bias è uno dei più utilizzati ed è quello a cui “caschiamo” molto più spesso di quanto crediamo.
Legato, invece, a un contesto ambientale è un tipo di bias cognitivo detto del “contesto“.
Basandosi su questo meccanismo della mente umana, le campagne promozionali di specifici prodotti vertono sul concetto di tipo ambientale. Cosa significa? Significa elaborare una strategia promozionale sul proprio libro nel momento in cui il lettore è particolarmente sensibile a ricevere un certo tipo di messaggio.
Ad esempio, la pubblicità di un gelato o di una bevanda rinfrescante, viene proposta principalmente quando le temperature iniziano a salire e quindi il potenziale cliente è più predisposto a convincersi che quel prodotto è per lui necessario. Ecco che il messaggio trova terreno fertile quando il contesto circostante lo agevola.
Il bias di conferma è quello più diffuso e anche il più meschino. Le persone tendono a muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni acquisite, perché è nella nostra natura dare maggiore rilevanza alle sole informazioni in grado di confermare una nostra tesi iniziale. Questo è un dei principali motivi per cui il “confronto”, soprattutto sui social media, è molto difficile oltre che sopravvalutato.
Le persone, tendenzialmente, sono sensibili alle informazioni che le fanno sentire in qualche modo “migliori” se fanno una certa scelta e soprattutto tendiamo a razionalizzare scelte già fatte, anche se tali scelte sono state impulsive o sono state fatte sulla base di lacune informative.
Questi sono solo alcuni esempi di bias cognitivi al centro delle osservazioni di chi si occupa di marketing e comunicazione, in particolare nel campo dei social media.
Lo scopo è solo uno: attirare l’attenzione del potenziale cliente e spingerlo, convincerlo, direzionarlo verso quella scelta commerciale. In tal senso, i social network si sono rivelati nel corso del tempo luoghi in cui l’individuo abbassa le difese legate all’attenzione.
Scrollare lo schermo di un dispositivo è spesso un momento legato al relax e alla distensione. È in quel momento che la soglia di attenzione si abbassa e si è più sensibili ad alcune tipologie di messaggio.
Insomma, la razionalità lascia spazio ad altri elementi che prendono il sopravvento, i bias cognitivi iniziano la loro attività ed è possibile utilizzarli a vantaggio delle nostre strategie di comunicazione e promozione.
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