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Il termine Ghostwriter dovrebbe risultare familiare anche a chi non è un esperto del settore editoriale. Se ne sente spesso parlare soprattutto nei casi dei libri di vip o personaggi dello spettacolo.
Ma chi sono e cosa fanno veramente?
Partiamo prima con una definizione. Tradotto dall’inglese, ghostwriter significa scrittore fantasma. Solo che qui non è morto nessuno.
Si tratta di una categoria di professionisti che scrive dei testi, che siano libri, articoli, discorsi, racconti, testi musicali, che però sono ufficialmente attribuiti a qualcun altro.
Un ghostwriter viene pagato per scrivere tutto o parte del testo in questione ma non è l’autore. Il suo compito è di scrivere in modo corretto e professionale un testo che non è stato ideato da lui. L’autore concepisce la storia, il ghostwriter la mette nero su bianco senza alterarla. Scrive senza modificare lo stile dell’autore, ma facendolo suo, abitando le vesti dell’autore la cui storia dovrà scrivere e lavorando costantemente al suo fianco.
Come può il ghostwriter che scrive il libro non essere riconosciuto come il suo autore? E come può un ghostwriter accettare che sia qualcun altro ad essere accreditato come autore?
Ok vediamo di fare chiarezza.
Possono esserci diversi motivi.
Innanzitutto l’autore può avere degli impedimenti fisici che limitano le sue possibilità di scrivere un libro. Sono stati pubblicati oltre 30 libri di Robert Ludlum, l’autore della serie di romanzi di Jason Bourne, dal 2002 ad oggi, ne usciranno altri 3 nel 2020. Robert Ludlum è morto nel 2001 e lo scrittore Eric Van Lustbader si è ocupato di continuare la saga di Jason Bourne a nome dell’autore con il permesso degli eredi.
Può essere una precisa scelta editoriale per sfruttare il successo di un autore prolifico. R.L. Stine, l’autore della serie Piccoli Brividi ha pubblicato centinaia di libri, a volte fino a 2 al mese. Sebbene lui lo abbia sempre negato, è quasi impossibile che uno scrittore da solo possa pubblicarne così tanti.
Non tutti sono in grado di scrivere. Una storia può essere geniale ma se non viene narrata in un certo modo non raggiungerà il cuore dei lettori. Un autore può essere semplicemente consapevole di non saper scrivere bene, ma ha bisogno di raccontare una storia. Per questo sceglie di affidarsi ad un ghostwriter che possa veicolare al meglio il suo messaggio.
Il tempo. La risorsa più scarsa del pianeta in questo secolo. Persone con una mente iperattiva ma tempo zero hanno sicuramente bisogno di un ghostwriter che li ascolti e traduca in parole scritte ciò che queste persone hanno in testa.
Così come non tutti gli autori sono bravi a scrivere, non tutti gli scrittori sono bravi ad inventare storie. Ci sono moltissime persone in grado di scrivere in modo accattivante, avvincente, coinvolgente ma non hanno una storia da scrivere o magari ce l’hanno ma non è nulla di particolarmente valido o originale.
Questi professionisti scelgono di mettersi al servizio di chi invece ha una storia da raccontare ma non ne è in grado.
Il co-autore può scrivere una parte del testo, o anche tutto, o non scrivere nulla ma contribuire in modo significativo allo sviluppo della storia. Può essere la mente o il braccio o entrambi. Qualunque sia il caso, il co-autore, viene ufficialmente accreditato al contrario del ghostwriter.
Dicevamo che il ghostwriter si trova dietro le quinte mentre il co-autore no. Sempre di più, però, i riflettori si spostano sulla figura dei ghostwriter. Succede soprattutto quando vengono pubblicate autobiografie di sportivi, attori, personaggi dello spettacolo, o di persone famose ma che non sono scrittori. Si apre spesso la caccia al ghostwriter.
La nuova tendenza è quella di inserire in copertina il nome del ghostwriter rendendo sempre più labile il confine tra ghostwriter e co-autore.
È recentissimo il successo virale del libro di Giulia De Lellis “Le corna stanno bene su tutto” scritto con Stella Pulpo. In copertina è ben evidente (seppure scritto più in piccolo) il nome di Stella Pulpo sotto il nome di Giulia De Lellis.
Una operazione simile l’ha fatta Francesco Totti con Paolo Condò nel libro “Un capitano” un anno prima.
Una scelta di trasparenza che può valorizzare la figura del ghostwriter come merita.
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Sempre chiaro Marco, mi ero sempre chiesto… ma non avevo mai approfondito. Penso che possa essere considerata una collaborazione con reciproci vantaggi per ottenere un prodotto migliore. Anche nei libri illustrati dove racconto e immagini sono armonizzati, e dico di più anche suoni è il mio pallino un bel audiolibro, con visione delle immagini tutto coordinato un bel ipertesto multimediale interattivo. Non è così anche nelle altre cose? una idea nuova, una bella carrozzeria, e un ottimo motore. E’ una strada da incentivare, a volte idee buone, innovative, muoiono silenziosamente, perché è mancata una collaborazione. Solo i grandissimi .. o fortunati raggiungono da soli ottimi risultati, per gli altri serve la collaborazione di più soggetti. Incentivare, questa idea.
Hai centrato il punto Pietro e te ne ringrazio. Il terreno su cui è nato il self-publishing è ricco di persone con tante idee ma poche possibilità di svilupparle. I ghostwriters servono a questo, così come gli illustratori per i libri ilustrati, i lettori professionisti per gli audiolibri. La scrittura vista come un modo per veicolare un messaggio importante, può essere fatta a più mani senza che il messaggio perda di qualità o efficacia.