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Abbiamo detto (qui) che il protagonista è come il Sole per il tuo impianto narrativo, e tutto gira intorno ed in funzione di esso.
Se il protagonista è il Sole, tu, sei il dio del tuo universo narrativo.
Tu conosci i personaggi, le loro menti, i loro corpi, le loro emozioni, i loro rapporti e il loro mondo.
Sei tu che decidi, sei tu che, abitando il personaggio, determini i suoi comportamenti, crei reazioni attese o inattese, determini in definitiva la frattura fra l’aspettativa ed il risultato.
Una buona scrittura enfatizza le reazioni.
Molte delle azioni di una storia sono più o meno prevedibili. In base alla convenzione dei generi gli amanti di una storia d’amore si incontreranno, il detective di un thriller risolverà il caso, l’eroe fantasy salverà il suo mondo…
Queste e altre reazioni sono universalmente riconosciute e note e quindi sono previste dal pubblico di lettori.
Di conseguenza, un buon modo di scrivere non sottolinea ciò che accade, ma a chi accade e anche perché e come accade.
Le migliori storie sono quelle che si concentrano sulle reazioni dei personaggi causate dagli eventi.
Istante dopo istante, anche nelle scene più tranquille, anche quelle raccontate e non mostrate, ovvero di transizione, possono esistere insiemi dinamici costituiti da “azione-reazione-divario” e da nuova “azione-reazione sorprendete-divario” che vanno avanti fino al punto di svolta (il climax), mentre le reazioni ci sorprendono e ci affascinano.
Se hai scritto una scena in cui un personaggio si avvicina ad una porta, bussa, aspetta e la reazione è che la porta gli viene gentilmente aperta e viene invitato ad entrare, puoi fare solo una cosa: cancellarla.
Un inutile scena ammazza-ritmo è quella scena in cui le reazioni mancano di approfondimento e immaginazione e quindi succede che l’aspettativa corrisponde al risultato…
Una volta che hai immaginato la scena, punto dopo punto, divario dopo divario, scrivila.
Ciò che scriverai è una descrizione intensa di ciò che accade e delle reazioni provocate, scrivi in modo che quando leggeranno le parole che hai scelto, queste consentiranno al lettore di tuffarsi in ogni divario, vedere ciò che hai sognato tu, sentire ciò che hai sentito tu…
Avrai capito che quindi la sostanza della storia non è la parola, (abbiamo parlato di sostanza della storia già qui, e anche qui), ma sta nel divario che si apre fra ciò che ci si aspetta che capiti al personaggio quando intraprende un’azione e ciò che realmente accade.
La sostanza è il divario, la distanza, la spaccatura fra l’aspettativa e il risultato: per costruire una scena tu (dio) devi aprire in continuazione queste crepe nella realtà, del tuo universo.
Il lettore prova empatia per il personaggio perseguendo per interposta persona il proprio desiderio e si aspetta, più o meno, che il mondo reagisca nel modo in cui se lo aspetta il personaggio.
Quando il divario si apre davanti al personaggio, si apre anche davanti al lettore!
Fonti: Aristotele (la Poetica) J.H.Lawson – R.McKee
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Sono molte le cose di cui tenere conto. Forse troppe. Ho appena scritto un capitolo e sono felice come un bambino. Poi di sicuro lo ri-scriverò come è giusto che sia, intanto mi godo la soddisfazione di avere messo ancora un mattoncino. Hai ragione sul divario, i bravi scrittori sono maestri nel crearlo e il lettore ne è catturato.
Per dirla alla maniera di J. L. Borges con me muore tutto l’universo!
Ciao, sta diventando impegnativo seguire il percorso del tuo pensiero, (sottolineare non ciò che accade ma a chi accade)ok. ma il -divario- mi mette in crisi puoi fare un esempio?
ciao Luana credo che il senso del contenuto sia racchiuso qui: la sostanza della storia non è la parola in sè, ma nel divario che si apre fra ciò che ci si aspetta che capiti al personaggio quando intraprende un’azione e ciò che realmente accade.
La sostanza è il divario, la distanza, la spaccatura fra l’aspettativa e il risultato: per costruire una scena tu (dio) devi aprire in continuazione queste crepe nella realtà, del tuo universo.
ESEMPIO: in Eleonor Oliphant sta benissimo, la protagonista Eleonor si invaghisce di un cantante rock, lo pedina e scopre dove abita, la porta del suo appartamento è semiaperta e lei lo sente è ad un passo dal bussare alla porta e provare a conoscerlo improvvisando un discorso (questo per il suo carattere sarebbe stata un’azione sconvolgente) quando sembra quasi pronta a lanciarsi si ritrae, ecco un divario fra aspettativa e risultato, il divario si allarga nell’arco narrativo, l’aspettativa di conoscerlo ed incontrarlo è sempre più lontana dalla realtà… fino a quando… (non voglio spoilerare). Ma spero che il concetto ora sia più chiaro.
Il divario è creato sempre da conflitti interiori o personali o extrapersonali…
Grazie ,ho capito,ma non c’è il rischio di creare situazioni troppo border-line? o forse in un romanzo o in un racconto è meglio tenere alto l’interesse con il “divario” appunto? Si pensandoci bene mi convinco che sia la tecnica più giusta.
Ciao Luana, la risposta che ti sei data è la strada giusta da percorrere ;)!