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Ci possono volere giorni, persino settimane, per scrivere una pagina bellissima e ciò, poi, si tradurrà in soli pochi minuti di lettura.
Noi analizziamo ogni singolo momento sotto il microscopio del pensiero e dell’intuito, creando e ricreando, mentre intessiamo gli istanti di vita dei nostri personaggi: un labirinto di pensieri, immagini, sensazioni ed emozioni non verbalizzati.
Ma perché dobbiamo imparare a scrivere dall’interno verso l’esterno?
Perché durante la creazione di una scena dobbiamo raggiungere il centro di ogni personaggio e vivere la scena dal suo punto di vista?
Cosa ci guadagniamo a fare questo? E cosa sacrifichiamo se non lo facciamo?
Come gli antropologi attraverso attente osservazioni potremmo, ad esempio, scoprire alcune verità sociali e ambientali.
Lavorando dall’esterno verso l’interno potremmo rappresentare un personaggio in modo genuino , persino affascinante. Ma così facendo, la dimensione basilare che non saremmo in grado di creare è la verità delle emozioni.
L’unica fonte affidabile di verità emozionale siete voi stessi.
Se rimanete esterni ai vostri personaggi, scriverete inevitabilmente delle minestre (emozionali) riscaldate.
Per creare delle reazioni umane rivelatrici non basta entrare nel personaggio, dovete entrare in voi stessi.
E come si fa?
Seduti alla vostra scrivania come fate a scivolare all’interno della testa del vostro personaggio e fare vostro il suo sentire?
Come fate a sentire le mani che sudano, il nodo alle viscere, le lacrime agli occhi, le risate di cuore, l’eccitazione sessuale, la rabbia, la furia, la compassione, la tristezza, la gioia o qualsiasi delle innumerevoli reazioni presenti nello spettro delle emozioni umane?
Avete deciso che nella vostra storia deve aver luogo un certo evento, una situazione va fatta progredire e poi svoltare.
Come scrivere una scena di emozioni fortemente rivelatrici? Potreste chiedervi: “Come dovrebbe una persona compiere questa azione?”.
Ma questo conduce a cliché e affermazioni moraliste.
Oppure invece chiedervi: “Se ci fossi io in questa situazione cosa farei?”. Mentre questa domanda stimola la fantasia può darsi che il vostro cuore si metta a battere forte, ma voi, ovviamente, non siete il personaggio.
Sebbene questa possa essere un’emozione vera per voi il vostro personaggio potrebbe fare l’opposto. E così, cosa fate?
Vi chiedete: “Se io fossi questo personaggio in queste circostanze, cosa farei?”. Usando il magico “se” interpretate voi il ruolo.
Gli scrittori sono degli improvvisatori che recitano seduti al proprio computer, o camminando su e giù per la propria stanza e interpretando tutti i loro personaggi: uomini, donne, bambini, mostri.
Recitiamo dunque nella nostra immaginazione finché non ci fluiscono nel sangue emozioni sincere e specifiche del personaggio.
Quando una scena diviene emotivamente significativa per noi, possiamo stare tranquilli, che sarà significativa anche per i lettori.
Creando un libro che ci tocca, commuoveremo anche loro.
Fonti: Aristotele (la Poetica) J.H.Lawson – R.McKee
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sono spunti interessanti, che fanno pensare. il che non è frequente. grazie
grazie Mariateresa, continua a seguirci allora!
Credo ci siano diversi tipi di scrittura, da sempre. Coinvolgere il lettore, rapirlo e trascinarlo all’interno del racconto credo sia la strada migliore. Associarlo alle emozioni dei personaggi che ‘vivono’ all’interno del libro, rappresenta forse la via migliore per la vendita. In fondo, si scrive per vendere copie del tuo libro, per ‘ammaestrare’ alle tue idee un gruppo di lettori! Nel mio caso, un caso minimo, scrivo per piacere a me stesso, scrivo per me. Ogni racconto che scrivo, rappresenta una necessità fisica, di qualcosa che deve uscire da me, dalla mia mente. Non ho mai pensato a scrivere per vendere anche se, un racconto vive, prende vita, attraverso una lettura di un lettore che magari, lo ha acquistato. Sarà che sono incapace a vendere qualsiasi cosa! Saluti.
ciao Antonio, grazie per il tuo bel commnento, sarei curioso di leggere qualcosa di tuo… grazie
Sempre interessanti i tuoi commenti e indicazioni, ne faccio volentieri tesoro.
Grazie Dora, noi li pubblichiamo proprio per questo, cerchiamo di darvi il massimo valore. Continua a seguirci!
Il narratore, anche quando si limita ad osservare il suo personaggio, lo descrive secondo il suo punto di vista, quindi c’è sempre qualcosa di “suo”, anche se è esterno.
Quando invece è dentro il personaggio potrebbe immaginare le sensazioni, le emozioni, gli atteggiamenti della sua creatura di fronte agli eventi della vita.
Ma per raggiungere il centro del suo personaggio, questo dovrebbe provare, a mio parere, emozioni e sensazioni realmente vissute dal narratore.
Certe emozioni, straordinariamente positive o negative, non si possono inventare, e neanche descrivere “per conto terzi”, bisogna viverle per farle arrivare al cuore del lettore.
È quello che accade nella poesia.
Cosa ci guadagnamo? Posso dire quello che provo io quando scrivo una poesia “di getto”: è come fermare, concretizzare e mettere al sicuro delle emozioni che sarebbe un peccato disperdere, perché magari ci hanno cambiato la vita. Rimane un senso di compiutezza. Lo stesso vale per la prosa.
Da questo punto di vista il libro cartaceo sembra un “contenitore” più sicuro.
Enza Salpietro.
ciao Enza, grazie perchè continui a seguirci. Si, scrivere una poesia di getto è come fermare e mettere al sicuro delle emozioni, è come scattare una fotografia mentre tuo figlio scarta per la prima volta il suo regalo di Natale, ne aprirà tanti altri negli anni successivi, ma il primo ha un significato speciale, e allora scatti la foto per fermare quell’istante. Con la poesia, chi ci riesce, ha il potere di fare questo: concretizzare e mettere al sicuro delle emozioni che sarebbe un peccato disperdere
Interessante. non sono scrittrice, ho scritto dei short stories, di getto, 800/900 parole in 35(40 minuti, rileggendo il racconto a mio marito ho avuto i brividi tanto mi ero immedesimata, ero IO la protagonista, altre volte ho pianto rileggendo! Però le storie che ho scartato sono quelle che non mi avevano emozionate. Non scrivo dal 2013, perché non mi riesce più?
Ho pubblicato nella rivista SPEAK UP per chi interessa l’inglese, racconti C 1 E 2.
Indubbiamente per dare una viva e reale personalità al protagonista del libro bisogna dargli uno stile veritiero e sempre coerente, quindi il sistema migliore è impersonarsi in lui… e io, nei miei libri l’ho fatto. Mentre, per gli altri protagonisti attorno a lui, ho dato un loro diverso modo, sia di parlare, che di comportarsi.
Ciao Donato, l’appuntamento con i tuoi articoli come sempre è gradito e prezioso e questa volta ci trasporta anche in territori a dir poco misteriosi.
Condivido!! Per commuovere, smuovere, interessare, rendere un lettore partecipe di ciò che si scrive, prima, tutte queste cose devono accadere a chi le scrive. A tal punto che quando finisci di scrivere, il personaggio che hai creato non puoi più dimenticarlo o “lasciarlo”, è diventato uno della tua famiglia. Ma quando succede questa cosa, quando scrivi “come se” tu fossi il tuo personaggio, a volte ci si imbatte in parti di noi che, una volta svelate, non possono più essere misconosciute e talvolta sono anche cose dolorose o che non abbiamo mai detto neppure a noi stessi.
Allora da un lato la scrittura diventa un luogo dove poter incontrarsi, abitando il personaggio che prova queste cose.
Ciò regala a chi scrive l’immedesimazione e contemporaneamente una sorta di benefico distacco ma qui trovo sempre una grossa difficoltà.
Se e quando riesco a diventare il mio personaggio, mi piacerebbe mostrarne anche i lati che stanno più in ombra quelli più “pesanti”.
E qui spesso mi blocca la paura che per mostrare la pesantezza di certi stati d’animo, divenga “pesante” anche la mia scrittura, continuo a tenermi sempre al di qua dei lati oscuri per la paura di appesantire la narrazione.
Ecco, questa è una delle difficoltà più grandi che incontro
Grazie per l’attenzione e per lo spazio sempre più interessante
A rileggerci
Sabina
Ciao Sabina, quello che fai emergere è un punto di vista che devo assolutamente approfondire e vorrei farlo con un contenuto specifico. Il consiglio che mi sento di darti è questo: non fermarti, non trattenerti, lascia giudicare l’editor che leggerà il tuo libro prima della pubblicazione se i lati “pesanti” che hai conferito al personaggio lo sono veramente, oppure al contrario possono rivelarsi efficaci…Cosa ne pensano gli altri lettori?
Ciao Donato,
non ho capito bene se per “altri lettori” intendi chi ha già letto il mio libro.
nel dubbio ti rispondo su questo argomento.
Sono stati proprio alcuni dei miei lettori a dirmi che avevano amato il racconto e le emozioni che aveva loro suscitato e che avrebbero desiderato, mentre leggevano, “vedere” di più i conflitti, i pensieri, le contraddizioni dei personaggi.
un mio lettore mi ha detto: ” va bene che è un racconto per ragazzini ma lascialo andare questo uomo nero, non dargli troppo controllo sul dolore, guarda che i bambini le capiscono bene queste cose!”
E’ stato anche questo commento oltre al tuo consiglio che mi ha fatto decidere.
Ho revisionato tutto, arricchito i dialoghi e i profili psicologici, cercato di articolare di più i punti salienti, i colpi di scena…
e ho richiesto una ristampa
Devo dire che adesso mi sembra un racconto più corposo, più solido e mi piace di più. non mi sembra che sia diventato più pesante ma qui lascio la parola ad altri eventuali lettori
intanto ti ringrazio perché tutti i tuoi articoli sono stati il mio libro di testo
A rileggerci, grazie
Davvero Donato, chi scrive deve necessariamente provare le emozioni dei personaggi? Capisco il coinvolgimento emotivo, ma vivere gli stessi sentimenti mi sembra “oltre”. Scusa se mi sono permesso.. Ovviamente non mi reputo uno scrittore, probabilmente non lo sarò mai, forse diventerò un narratore, forse… Grazie per tutti gli spunti che ci dai, grazie.
Ciao Gianmarco grazie per il tuo contributo, il tuo punto di vista ha certamente senso, ma come si dice in certi casi dai 100 per ottenere 50. Talmente è importante riuscire a descrivere come fossero reali le emozioni dei personaggi che solo cercando di “abitarli” che si potrebbe riuscire a realizzare l’obiettivo.
grazie a te e continua a seguirci!
Ciao, la mia soddisfazione piu’ grande è stata quella che mi ha dato una mia lettrice quando mi ha chiesto come avevo fatto a descrivere tanto bene da far piangere, una situazione, la fame nera, vissuta da due miei piccoli personaggi. Non ho mai vissuto un’esperienza del genere e immedesimarmi e viverli nel profondo è stato fondamentale. Grazie per il tuo lavoro.
Stefania
Ciao Stefania, grazie a te per il tuo importante contributo alla discussione… continua a leggerci!
Il concetto è fondamentale, anche in poesia. Non si può trasmettere ciò che non si è vissuto. L’emozione tocca nel profondo, non sfiora la superficie. Gli occhi leggeranno qualsiasi cosa venga loro proposta, ma il cuore, solo il cuore, ne coglierà le sfumature. Riconoscerà tra le righe la vita vissuta davvero.
È esattamente quello che mi accade quando leggo.
Condivido.
Credo che la scrittura sia un mezzo per comunicare. Estrapolare i pensieri dalla nostra testa o le emozioni dal nostro cuore e metterlo su carta, non è affatto facile. Penso che sia importante scrivere quando si sente la necessità di farlo, perché non riusciamo più a tenerci dentro le emozioni che proviamo. E se questo avviene come una reale necessità, sarà molto difficile che il lettore rimanga indifferente e non si immerga a sua volta in delle vere emozioni. E dunque ogni volta che questo avviene siamo riusciti a fare una delle cose più belle e sempre più rare….comunicare…
Grazie Domenico per il tuo contributo, continua a seguirci!
Grazie Donato sono molto interessanti i tuoi consigli cercherò di trarne il miglior vantaggio. Comunque hai ragione io cerco sempre di mettermi nei panni del protagonista e quando scrivo non esiste più niente intorno a me, mi estraneo completamente da ciò che mi circonda e così riesco a sviscerare i sentimenti più intimi
ciao Daniela, grazie per il tuo nuovo contributo sono veramente contento ti sia piaciuto il mio articolo. Il metterti nei panni del tuo protagonista è certamente la scelta giusta, riuscire ad entrare in intimo contatto con Lui è quello che ogni scrittore deve prefissarsi come obiettivo…
continua a seguirci!
Ho sempre pensato che uno scrittore deve prima di tutto essere empatico ed avere l’animo del bravo attore… Grazie per il tuo commento
Grazie DOnato, Ottimo Post!
Quando scrivo io SONO il protagonista, vivo la scena che descrivi come se stessi girando un film. Riesco a sentire gli odori, i colori, il calore o il grosso e le che parole scivolano nella tastiera descrivono tutto ciò.
Mi sembrava di essere strana a farlo quindi questo articolo mi ha strappato un sorriso.
Grazie
Mia
iL PERSONAGGIO PRINCIPALE, Buono o Cattivo sono IO
Raffaele
Ciao Donato , ho letto adesso quello che è stato scritto in questa pagina e devo dirti che Antonio ha
anticipato esattamente quello che volevo dire io. Non è che scrivere sia proprio una necessità fisica
ma mi piace farlo. E poi vendere non è così facile dato che non sei conosciuto. Quindi scrivo per me e quei pochi amici a cui è piaciuto quello che ho scritto e che orse scriverò ancora.
Grazie e continua così. Ciao.
Ciao Raffaele, grazie di cuore. Continua a scrivere anche se per pochi…e a leggerci 🙂
L’introspezione è il metodo migliore per scrivere. Attribuisce ai personaggi dei sentimenti e delle emozioni che provengono dalla interiorità dell’autore.. Del resto già il filosofo greco Socrate diceva :”Conosci te stesso”. Potrei aggiungere “Così conoscerai anche gli altri”: in fondo le emozioni e i sentimenti ci accompagnano da sempre .E la buona scrittura riesce a farli rivivere in storie sempre diverse ma anche simili.
ciao Giovanna, grazie! Hai completamente ragione, l’esempio di Socrate calza perfettamente…
Credo che non necessariamente il punto di vista debba essere quello di un essere vivente, un personaggio…credo sia un po’ come usare una ripresa macro che poi, pian piano si espande fino a ricomprendere il “set”, ovvero l’ambiente in cui vogliamo che si svolga l’azione specifica o l’intero racconto. Se è consentito vorrei spiegarmi con un esempio concreto tratto da un mio testo:
“La freccia lasciò l’arco e con una traiettoria leggermente curva volò sopra il campo, quasi si fermò alla sommità della parabola, poi precipitò verso il suo bersaglio accelerando impercettibilmente. Un leggero vento trasversale tentò di deviarla dalla sua corsa, ma la rossa impennatura che la qualificava come scagliata dal Re in persona, la mantenne stabile nell’aria finché incontrò il bronzo della corazza del Generale hittita.
Se il campo fosse stato più silenzioso, se non ci fossero state le urla dei combattenti e quelle dei moribondi, se il rumore delle ruote falcate dei carri hittiti e di quelle dei leggeri carri della terra di Kemi non avesse monopolizzato l’aria, si sarebbe allora sentito nettamente lo stridio del legno che attraversava il bronzo, poi il tonfo sulla leggera cotta imbottita che, non reggendo all’impatto, avrebbe consentito alla punta in metallo di penetrare profondamente nella carne traendone un risucchiante rumore che sovrastò definitivamente la vita del Generale.”
…ecco, per me questo è scrivere “dall’interno verso l’esterno”, è diventare parte della scena che si vuole descrivere, è riuscire a farla “vedere” a chi legge. Nel breve pezzo che ho sopra riportato, mi sembra che ci sia tutto per “vedere” quel che sta accadendo su quel campo di battaglia
Ciao Giuseppe, grazie per questo tuo contributo davvero prezioso. Sono assolutamente d’accordo, anche questo tuo eccellente esempio è scrittura che MOSTRA, che fa VEDERE al lettore, è scrittura che parte dall’interno verso l’esterno, sicuramente tornerà utile anche a tutti i lettori del blog, grazie ancora Giuseppe e continua a seguirci!