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Quando leggiamo un libro, tendiamo a rapportarci ai personaggi come se fossero reali, ma non lo sono, loro sono superiori alla realtà.
Conosciamo più i personaggi dei libri che abbiamo letto dei nostri amici, per il semplice motivo che un personaggio è eterno, i nostri amici, come tutti gli esseri umani, tendono a cambiare nel tempo ed hanno tantissime sfumature di carattere che non potremo mai conoscere a pieno.
Come si disegnano allora, un personaggio o un protagonista?
La sua composizione inizia da due aspetti principali: la caratterizzazione e il personaggio vero.
La caratterizzazione è quello che viene fuori da tutte le qualità osservabili: linguaggio, età, maniere, presenza fisica, professione ecc…, ma la caratterizzazione non è il vero personaggio.
Il lettore giunge a comprendere il personaggio in vari modi: l’immagine fisica, l’ambientazione dicono parecchio ma non tutto, il lettore sa che apparenza e realtà sono due cose diverse e che la caratterizzazione non è il personaggio, ciononostante la maschera indossata da quest’ultimo è comunque un ottimo indizio di quanto potrà essere svelato.
Ad di là della caratterizzazione come è davvero questo personaggio? Determinato o debole, leale o sleale? Sincero o bugiardo?
Quando un personaggio è vivo?
Un personaggio diventa vivo quando comprendiamo davvero quali sono i suoi desideri: cosa vuole questo personaggio ora, tra poco, in generale? Risposte chiare a queste domande renderanno lo scrittore padrone del ruolo dei suoi personaggi.
La chiave per conoscere davvero il personaggio è quindi il desiderio: egli può essere davvero mostrato e conosciuto soltanto attraverso le scelte che fa di fronte a un dilemma o sotto pressione, maggiore è la pressione, più la scelta è profondamente rivelatrice del personaggio.
In definitiva un personaggio è le scelte e le azioni che compie.
Quei personaggi che sono maghi della finanza, cintura nera di karate, ottimi musicisti e altro ancora non sono attraenti, sono piatti, hanno solo una serie di drappi appiccicati al loro nome, decorarli in questo modo non significa mostrarne carattere e attrarre empatia, è possibile invece che le sue “doti” le sue eccentricità lo isolino e tengono i lettori lontani da lui.
Un principio che sembra andare per la maggiore in questi ultimi tempi, sembra essere quello che si debba contrassegnare un personaggio di caratteri dominanti.
Per dire che non è la direzione giusta, pensiamo a Macbeth: Shakespeare in questo famoso testo teatrale tratta il “male” e rileggendolo in chiave moderna si percepisce tutta la forza di questo personaggio, il senso di colpa, la paura, l’ombra, il disincanto, e soprattutto la sete di potere.
Macbeth è un perfetto esempio di personaggio ossessivamente ambizioso, (come ce ne sono tantissimi nei romance moderni) ma vederlo, ed imitarne i caratteri solo in questa chiave sarebbe un’errore, e molti lo fanno.
La forza del personaggio Macbeth non sta nella sua ossessiva ambizione al potere, almeno non solo, ma sta nella contraddizione tra la sua ambizione da una parte ed il senso di colpa dall’altra, è da questa profonda contraddizione interiore che nascono la sua complessità e la sua forza.
E’ con i caratteri contraddittori che si crea quindi, la giusta dimensione per un personaggio.
Consiglio la lettura dell’introduzione di Agostino Lombardo, nell’edizione Universale Economica Feltrinelli che trovi qui.
Macbeth – William Shakespeare
In generale quindi dobbiamo mettere in conto, nel nostro taccuino, che le contraddizioni sia a livello di natura che di comportamento, affascinano e attraggono il lettore, è il protagonista che da forza al resto dei personaggi, loro sono nella storia soprattutto per via del rapporto che intrattengono con il protagonista.
Dobbiamo immaginarci il cast dei nostri personaggi come un sistema solare, al centro mettiamo il Protagonista (il Sole), intorno troviamo i personaggi (pianeti), poi i piccoli personaggi (satelliti). Il tutto è tenuto unito dalla forza gravitazione generata dal Protagonista (il Sole).
Facciamo un esempio: abbiamo un protagonista divertente e ottimista, poi scontroso e cinico, poi pavido e impavido. Questo ruolo a tre dimensioni, richiede un cast di personaggi che delinei le sue contraddizioni, dei personaggi verso i quali potrà reagire in modi diversi, in momenti e posti diversi. Questi ruoli di sostegno hanno il compito di delinearlo a tutto tondo. Hanno il compito di far emerge la sua tridimensionalità.
Il personaggio A, fra gli altri avrà il compito far emergere il lato divertente e ottimista del protagonista, il personaggio B lo obbligherà prima a ritirarsi spaventato, per poi tornare a colpire infuriato (pavido-impavido), e così via per ogni carattere (contraddittorio) delle dimensione del personaggio.
Pur compiendo azioni rispetto, ed in funzione del protagonista, anche i personaggi possono avere la loro complessità, ma questa è un’altra storia…
Fonti: Aristotele (la Poetica) J.H.Lawson – R.McKee
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Come disse Michelangelo Buonarroti, l’arte è nella pietra. L’artista deve semplicemente togliere il superfluo. Lo stesso vale per un libro, per una storia.
Ciao Donato,
Questa teoria eliocentrica del protagonista è molto interessante.
Mi fa pensare al parallelismo che intercorre tra la vita reale dell’ essere umano e quella dei personaggi che popolano le varie narrazioni.
Ciascuno di noi è protagonista in tante scene di vita e i tratti della propria personalità emergono, di volta in volta, nell’ incontro con gli altri, sempre nuovi e diversi.
Ci si scopre interagendo e tante sono le sfaccettature del nostro io che ogni incontro fa risaltare.
Quando scriviamo, più o meno consapevolmente, riportiamo questa esperienza su carta, cercando di circondare il protagonista con i personaggi-pianeti, capaci di far emergere le sue qualità e le sue contraddizioni.
Ci auguriamo di garantirgli quell’eternità che non ci appartiene.
Grazie. A presto
ciao Maria Teresa, grazie, sono assolutamente d’accordo con te, i tuoi contributi sono preziosi per tutti i lettori del blog, continua a seguirci…
CDonato, condivido in pieno quanto da te esposto maniera chiara e precisa. È difficile rendere il protagonista forte e nel contempo distonico. Però credo sia la chiave per renderlo come il sole, il centro del suo universo.
Ciao Donato, mi sto esercitando a riscrivere a più riprese un corto con massimo 2600 battute. È una esperienza sorprendente, esprimere le medesime azioni e concetti in modo sempre più efficace. Mi sono reso conto di come la mia “scrittura” sia piena di avverbi, gerundi e tutto ciò che appesantisce. È
bello evolvere e fare crescere le proprie passioni. Amo sempre più scrivere. Wonderfull.
ciao Gianmarco, il tuo entusiasmo è davvero contagioso! Continua a scriverci e seguirci!