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Fino a qualche anno fa, se volevi pubblicare un libro avevi due opzioni: provare a mandarlo a un editore (o in alternativa a un agente letterario) oppure pubblicarlo con una casa editrice a pagamento.
La prima era una strada lunga, dal risultato incerto, che richiedeva molta pazienza; la seconda era costosa e aveva come risultato quello di riempirti la cantina o il garage di libri (naturalmente dopo aver ossessionato amici e parenti, colleghi di lavoro e semplici conoscenti). Non solo: uno scrittore che aveva pubblicato a pagamento era considerato un fallito, uno che aveva commesso una sorta di crimine a metà strada tra il furto e le molestie sessuali.
Da qualche anno è venuta fuori una terza opzione: il self-publishing. L’icona di questo nuovo fenomeno è diventata Amanda Hocking, una scrittrice venticinquenne che scriveva romanzi di genere Paranormal destinati a un pubblico young adult. Nell’aprile del 2010 stava cercando di tirare su i soldi necessari per andare a una convention di fan dei Muppets, così provò a mettere il suo libro su Amazon. Un anno dopo era una autrice self milionaria.
Dopo di lei, altri scrittori hanno seguito la stessa strada e altri si sono comunque incuriositi. Io sono fra questi ultimi. Sono uno scrittore abbastanza fortunato da avere un agente. Uno dei miei romanzi è in lettura da parte di alcune importanti case editrici. Ma sono dieci anni che scrivo, e non sono più giovane. Insomma, mi è venuto naturale provare a valutare anche questa nuova opzione.
Grazie alla rete, le informazioni sull’argomento non mancano certo. Anche se devo dire che bisogna prenderle con le pinze perché, a parte alcuni articoli pubblicati occasionalmente su qualche giornale, la maggior parte proviene dagli stessi self-publisher.
Molti di loro sono autori che hanno preso a cuore il consiglio che tutti gli scrittori – compresi quelli che pubblicano per via tradizionale – si sentono dare oggi: create una piattaforma social. Alla fine, però, gli scrittori self parlano principalmente, be’, del self-publishing e spingono gli altri scrittori a parlare di… sì, sempre di quello, del self-publishing. Rischia di diventare un circolo vizioso.
E non accade solo per gli scrittori. Come ai tempi della corsa all’oro, qualcuno si è reso conto che è più remunerativo vendere pale e setacci piuttosto che coltivare la speranza di incappare in una pepita. Così, adesso, l’offerta di servizi editoriali sta letteralmente fiorendo: dall’editing alla realizzazione di copertine, dalla valutazione di manoscritti ai consigli sulle migliori strategie di marketing.
L’idea che mi sono fatto è questa. Se decido di autopubblicarmi, posso avere il mio libro in vendita su una piattaforma digitale nel giro di poche ore e iniziare immediatamente a raccogliere i miei diritti d’autore al 70%. Se aspetto (e aspetto e aspetto) un editore tradizionale prenderò una percentuale nettamente inferiore.
D’altra parte, bisogna dire che un editore mi darà un anticipo. E che il mio libro sarà presente nelle librerie e probabilmente otterrà delle recensioni su qualche rivista, cosa che non accadrà se mi pubblico da solo. E per quanto le vendite di e-book siano cresciute, alla fine rappresentano ancora solo il 20% del mercato.
Le ragioni di alcuni dei più veementi difensori del self-publishing, come ad esempio J.A. Konrath, affondano nella convinzione che per gli autori vi siano comunque più soldi a disposizione. E vi assicuro che se leggete un suo articolo vi convincerete che è proprio così. Konrath sa essere molto persuasivo.
Ma per quanto noi scrittori possiamo essere mercenari, non è solo una questione di soldi. C’è la creatività. E il prestigio. Inoltre, non posso fare a meno di pensare che la forza con cui gli scrittori indipendenti difendono il self-publishing derivi anche da un senso di inferiorità, dal fatto che viene visto come una scorciatoia per la pubblicazione.
Quello che davvero mi domando è: ma chi legge i libri autopubblicati? Ho provato con qualcuno e devo essere sincero, non sono terribili, ma mancano di quella raffinatezza formale e complessità che spero sempre che i miei libri abbiano.
D’altra parte, bisogna anche considerare che l’editoria tradizionale sta abbandonando al loro destino gli autori di medio successo solo per andare in cerca del prossimo blockbuster. Alcuni di questi autori sono davvero bravi. Dove andranno a finire? Nel self-publishing probabilmente. Ma i loro lettori li seguiranno?
Per quanto mi riguarda, non ho ancora preso la decisione su quale strada imboccare. Ma non potrò aspettare per sempre.
John Manchester
A Writer’s Dilemma: Weighing The Benefits and Pitfalls of Self-Publishing, originariamente pubblicato su Cognoscenti.
Traduzione a cura di Alberto Forni
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mi piacerebbe pubblicare i miei scritti…
che fare?
Ciao Giuseppe, ti abbiamo appena inviato una mail con la guida ai nostri servizi di pubblicazione.
Ecco, sto affrontando questo dilemma giusto in questo periodo. A breve ultimerò la prima stesura del mio primo libro “serio”, e devo decidere che strada percorrere.
Ho una domanda, però: le due cose sono necessariamente esclusive? Una volta che ho fatto un contratto con una casa editrice (supponendo che ci riesca) questo mi impedirà di utilizzare altri canali per la pubblicizzazione e vendita?
La possibilità di realizzare vendite attraverso le piattaforme di stampa digitali è prima di tutto direttamente proporzionale a quanto un libro vada incontro ai gusti della gente; e a patto che – nel maremagnum delle proposte online – si riesca ad ottenere la visibilità necessaria. In altre parole, più un libro è qualitativamente valido, più farà fatica a vendere, anche ricorrendo a questo sistema. Fanno eccezione le opere “di genere” (p. es. fantasy, noir e altri), che hanno uno “zoccolo duro” di lettori, disposti a spender tempo per spulciare queste offerte letterarie: ma anche in questo caso non è affatto detto, che l’opera qualitativamente migliore, venda quanto meriterebbe.
In caso di opere di alto livello qualitativo e/o di nicchia, il ricorso alle piattaforme di stampa digitali ha senso, perché – almeno nel caso di Youcanprint – permette di avere un prodotto con dignità di libro, al prezzo che si avrebbe usando le fotocopie.
Però il problema di fondo è la visibilità: cioè tutte quelle operazioni di propaganda e distribuzione, che un editore corretto fa senza rivalersi sull’autore, proprio perché crede in lui e in quel che scrive. Se, dunque, la politica del “vanity editor” è stata quella di far pagare (lucrandoci) all’autore la stampa e una serie di servizi pressoché inutili, come la distribuzione a critici e testate, che non leggeranno mai e non recensiranno quel titolo, chi entra nel circuito del “press on demand” deve stare molto attento a che i servizi che la piattaforma offrirà (a loro volta a pagamento – dall’editing, al booktrailer, ecc.), abbiano un reale impatto sulle possibili vendite. In caso contrario, quello che l’editore furbetto intascava, magari con l’ipocrita formula dell’acquisto copie, verrà comunque perso attraverso questi “servizi”, annullando il risparmio ottenuto, per mezzo della nuda stampa.
Chi sceglie di auto-pubblicarsi diventa editore di sè stesso ed è normale doversi fare carico anche dalla promozione. Delega alla piattaforma solo ciò che non riesce a gestire personalmente ma in generale è un imprenditore che investe sul suo prodotto, il libro. I servizi che ideiamo e offriamo hanno sempre un impatto importante sulle vendite: un buon editing rendere l’opera migliore, una copertina migliore da migliori performance di vendita, la conversione in ebook ti permette di aumentare la visibilità o la distribuzione globale ti permette di raggiungere nuovi mercati. E’ chiaro che non bisogna fare tutto e sempre ma bisogna capire cosa è più adatto al proprio libro in rapporto al target di lettori che si intende raggiungere, come un imprenditore appunto che sceglie quali investimenti fare per far crescere la sua azienda.
Pubblicato con un editore vero….tragedia. Non si e’ mosso piu di tanto per far conoscere il libro e quel che peggio NON ho mai visto un cent delle centinaia di copie vendute. Con youcanprint ho pubblicato alcuni libri e economicamente ho guadagnato qualcosina….una soddisfazione. MAI E POI MAI PIU UN EDITORE, LADRI E VIGLIACCHI!
Ho pubblicato sia con Youcanprint che con un editore (seppur piccolo). Tendo a privilegiare il self-publishing. Il piccolo editore, oltre a rendermi praticamente nulla sulle copie vendute, ha fatto poco e niente per promuovere il mio libro. Se in futuro avrò la fortuna di pubblicare nuovamente con un editore, deve essere di livello. Altrimenti mille volte meglio il self-publishing!
Concordiamo con te Luigi. Gli editori grossi stanno iniziando ad avere difficoltà davanti al selfpublishing, figuriamoci i piccoli. Consigliamo sempre di privilegiare il selfpublishing sempre ma qualora non volessi seguire questa strada almeno una media casa editrice con una distribuzione nazionale.
Per mia esperienza personale posso dire che , rispetto a quando pubblicavo con le CE, i miei lettori sono aumentati. Alcune lettrici mi hanno cercata anche sul social e oggi siamo amiche. Per quanto riguarda il mio romanzo, Profumo d’Ottobre, lo volevano in ben tre editori, ma ho preferito pubblicarlo self, essendomi trovata benissimo con YCP. Non m’interessa più pubblicare con una CE.
Grazi Annalisa per aver condiviso la tua esperienza che da entusiasmo e coraggio a tutti gli autori che hanno paura di iniziare la propria avventura con il selfpublishing.