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Quanto gli autori devono sentirsi coinvolti nella crisi che attraversa l’editoria tradizionale? E ancor di più, quanto devono sentirsene responsabili gli autori autopubblicati?
E’ questo il dibattito che occupa le pagine dei principali magazine di settore dopo le dichiarazioni rilasciate dalla scrittrice Ann Patchett, in occasione della Settimana delle Librerie Indipendenti.
Ci sono persone che vogliono mettere i libri su Amazon, perché non possono ottenere offerte editoriali e questo è comprensibile. Ma ci sono alcuni autori, che potrebbero pubblicare nel mainstream, ma cercando di fare più soldi, pensano che il modo migliore sia quello di autopubblicare. Questi stanno tagliando fuori i servizi dell'”uomo medio” di cui hanno veramente bisogno, come ad esempio l’editor e il pubblicista.
Le razioni dei colleghi della Patchett sono state davvero scatenate. In molti hanno sollevato dubbi circa la reale “buona cura” che gli editori avrebbero dimostrato nei confronti degli autori, visto lo scarso peso contrattuale che è stato concesso loro fino ad oggi; non si spiegherebbe altrimenti la scelta di migrare verso l’auto-pubblicazione o comunque verso percorsi alternativi di pubblicazione.
Non si tratta di avidità finanziaria, ma della volontà di scavalcare un sistema, che una volta conosciuto, viene percepito come elitario, guidato dalle scelte di pochi.
Chi sceglie il self-publishing lo fa fondamentalmente per avere:
maggiore libertà nella scelta dei servizi (editing, marketing, conversione al digitale) e nella gestione dei canali di distribuzione.
maggiore accessibilità ai contenuti, per la modifica e l’aggiornamento continuo.
maggiore trasparenza dei conti, grazie al controllo diretto dei prezzi, ai pagamenti mensili e al controllo dei dati di vendita; senza contare la possibilità di ottenere le royalty più alte possibili.
Quindi, se è vero che pubblicare con un editore tradizionale comporta i suoi benefici in termini di visibilità e un certo grado di sicurezza sotto il profilo economico, il self-publishing concede a coloro, che sono disposti a mettersi in gioco, una libertà che un accordo tradizionale negherebbe.
La scelta spetta infine soltanto all’autore, che in ogni caso dovrebbe essere in grado di valutare la sua opera in base alle tendenze del mercato, capire cioè quanto essa sia appetibile per l’editoria tradizionale o forse più adatta ad intraprendere percorsi alternativi. Le due modalità di pubblicazione non si escludono a vicenda e sono sempre di più gli autori che sperimentano modelli ibridi. La stessa Patchett ha pubblicato con successo un suo “Single” su Kindle.
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