
Il se vuole sempre il congiuntivo? Teoria, esempi, trucchi per ricordare
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Quando avevo 16 anni visitai la baita in cui Mark Twain scrisse La famosa rana saltatrice della contea di Calaveras, il racconto che diede avvio alla sua carriera di scrittore. Quella visita mi colpì così tanto che, nel corso del tempo, ho visitato altri luoghi legati agli scrittori, come il ranch di Jack London o la casa di famiglia di Louisa May Alcott.
Il fatto è che ogni volta che sono tornato da una di queste visite, mi sono sentito ispirato ad andare avanti sulla strada della scrittura. Spesso, vedere con i propri occhi la macchina da scrivere su cui un autore ha lavorato o il paesaggio che aveva davanti ai suoi occhi, rende il fatto di scrivere più tangibile, meno misterioso.
Quello che intendo dire è che a casa loro, gli scrittori, non sono più “i famosi scrittori” ma solo persone che tutti i giorni si mettono lì a scrivere. Proprio come me e voi. Ecco cinque cose che ho imparato da queste visite.
Un conto è sapere che tanti scrittori affermati all’inizio della loro carriera hanno ricevuto numerose lettere di rifiuto, un altro è “vedere” realmente queste lettere.
Al ranch di Jack London, ad esempio, ho avuto modo di vedere le oltre 600 lettere da lui accumulate nel corso della sua carriera. Ed erano praticamente uguali a quelle che circolano ancora oggi: “La ringraziamo per averci inviato il suo romanzo ma al momento non possiamo pubblicarlo”.
London, tuttavia, perseverò fino al punto di diventare lo scrittore più pagato dei suoi tempi. Altri scrittori erano un po’ più sensibili ai rifiuti.
Quando sono andato a visitare la casa di Nathaniel Hawthorne a Salem, ho saputo che quando la sua prima raccolta di racconti venne respinta, lui bruciò il manoscritto. Insomma, al di là del modo in cui li hanno affrontati, è rassicurante sapere che anche i grandi scrittori hanno avuto a che fare con dei rifiuti.
E nonostante questo, hanno continuato a scrivere.
Le residenze degli scrittori offrono spesso alcuni indizi per comprendere meglio il funzionamento del processo creativo.
Nella casa di William Faulkner, a Oxford, è possibile rendersi conto di come faceva a tenere traccia delle sue complicate trame: le scriveva sul muro.
È un ottimo esempio di come fare per uscire dal mondo ristretto del nostro monitor e usare creativamente lo spazio per dare vita a un progetto.
Molti scrittori, potendo, amano essere circondati dalla quiete. Questo può voler dire avere una casa immersa nella natura e uno studio apposito in cui lavorare.
La leggendaria attitudine da eremita di Emily Dickinson acquista un senso quando ci si trova nella sua luminosa casa nei boschi, a Amherst. La sua stanza da letto, dove scriveva ogni mattina, è ancora capace di irradiare così tanta serenità che sembra ideale per comporre dei versi poetici.
Anche il drammaturgo Eugene O’Neil aveva bisogno del silenzio assoluto per scrivere. Quando fece costruire il suo ranch in California, si preoccupò di circondare il suo studio con tre stanze completamente vuote. E devo dire che è una sensazione stranissima.
Quando mi trovavo lì, non ho potuto fare a meno di pensare alla mia pessima abitudine di scrivere semiconcentrato fra un’email a cui rispondere e una ricerca Internet da fare. Cosa succederebbe se ci circondassimo solo di silenzio? Che tipo di pensieri ci verrebbero in mente se mettessimo al bando qualunque tipo di interruzione?
Ovviamente, non è che tutti gli scrittori famosi siano sempre stati chiusi in casa.
Per esempio, pare che a Louisa May Alcott piacesse molto correre (passatempo che, nell’Ottocento, era sicuramente un po’ particolare per una donna).
Robinson Jeffers, invece, alla mattina scriveva, mentre al pomeriggio si dedicava ad ampliare la sua casa trasportando pietre dalla vicina spiaggia. Come altri scrittori, anche lui comprendeva bene la correlazione che passa tra lo sforzo fisico e l’impegno intellettuale. A volte, persino una camminata intorno a casa può aiutarci a scaricare i pensieri e a scrivere meglio.
I luoghi frequentati dagli scrittori vengono spesso usati come scenario nelle loro opere.
Nel 1879 Robert Louis Stevenson, di ritorno da un viaggio nella sua casa in Scozia, si fermò per un periodo in un hotel californiano, a Monterey. E nonostante lì non abbia scritto niente di particolare, le atmosfere spagnoleggianti e una leggenda locale riguardante un tesoro sepolto entrarono poi a far parte del suo libro più famoso: L’isola del tesoro.
Il racconto che Henry David Thoreau fece in Walden della sua esperienza a totale contatto con la natura, rese Walden Pond un luogo simbolo dell’immaginario americano. Insomma, l’ispirazione è dappertutto, persino nel cortile di casa nostra. Dopotutto, per questi scrittori, questi non erano posti famosi, erano semplicemente casa loro.
Brian Klems
5 writing lessons inspired by famous writers, originariamente pubblicato su Writer’s Digest
Traduzione a cura di Alberto Forni
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