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Scrivere un libro: cosa sono il piacere ricorrente e l’errore tragico?

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errori tragici e piaceri ricorrenti

Una sera ho fatto questa domanda a mia moglie: “leggere sempre lo stesso tipo di storie non ti annoia?”

Lei mi ha guardato un po’ stranita e mi ha risposto così: “no, mi piacciono”

Allora non troppo soddisfatto della risposta l’ho incalzata: “sono tutti uguali: lei povera lui super ricco o viceversa e poi finiscono sempre allo stesso modo…!”

Si, anche per questo mi piacciono, perché finiscono bene.

– Ok contenta tu…

La domanda mi è morta dentro fino a quando sono incappato nella lettura di un libro di Aristotele (se ti interessa quale lo trovi alla fine dell’articolo), dove ad un certo punto si è parlato di Oikéia Edonè.

Ecco, qui c’è stata la svolta.

Mi ha praticamente risposto Aristotele!

Come?

Così: Oikéia Edonè (piacere pertinente o se vogliamo ricorrente).

Il primo ad analizzare la relazione fra tecnica narrativa ed esperienza emotiva è stato proprio lui: il filosofo greco Aristotele (2300 anni fa, circa).

Il punto di partenza della sua teoria è che la struttura della trama di una Storia ha un’influenza decisiva nel creare il “piacere ricorrente” nel lettore.

In pratica le persone provano piacere a leggere sempre lo stesso genere di libri (o guardare lo stesso tipo di film), perché (se scritti, o girati bene) è la trama stessa che in sé ha la capacità di creare piacere, anche se il lettore conosce gli eventi ed i punti di svolta ed il tipo di finale in anticipo.

La forza di storie come queste si fonda su qualcosa che va oltre la sorpresa e l’imprevedibilità.

Ecco la risposta alla mia domanda, e chiedo pubblicamente scusa a Ilaria per aver pensato che la sua risposta fosse superficiale o sbrigativa!

Lei non si stanca mai di leggere lo stesso genere di libri, dove già ne conosce il tipo di finale (lieto) e la struttura, perché tutti questi romanzi rappresentano per lei la promessa di un’esperienza emozionante ma al tempo stesso familiare e rassicurante.

  • La protagonista è buona ma non perfetta e questa la rende simili a molte delle sue lettrici.
  • Nel suo viaggio di crescita incontra vari ostacoli a causa di vari fraintendimenti, diventa vittima di ingiusta sfortuna ecc…
  • La suspense è prolungata ed intensificata fino al momento di totale disperazione, quando improvvisamente l’uomo le confessa il suo amore.
  • Ripristino della giustizia e del lieto fine determinano quel tipico piacere per le lettrici che hanno sofferto immedesimandosi con la protagonista.

Tutto questo, come dicevo poc’anzi si innesta al principio dell’oikéia edonè: ai lettori piace continuare a sperimentare certe emozioni ed esperienze (piacere ricorrente).

Qual è il tuo genere preferito?

Quale libro del tuo genere preferito stai leggendo?

Se hai deciso di scrivere un libro o ne sei già alle prese allora ti consiglio, anche in virtù di quanto appena detto sopra, di considerare quanto segue:

Non esiste un solo tipo di modello narrativo che funziona, ne esistono diversi ed ognuno potrebbe essere associato ad un particolare genere letterario.

Ma quali sono i modelli narrativi che generano nel lettore il piacere ricorrente? (oikéia edonè)

In particolare ne ho individuato alcuni.

  1. Personaggio che piace, empatico, ma che, vittima di un ingiustizia o sfortuna vive la sua vita sempre a rischio o in bilico fra vita e morte. Dopo innumerevoli difficoltà il bene sconfigge il male e la giustizia si realizza. Esempi? Il Re Leone, Cenerentola, Harry Potter, Jane Eyre, Il Gladiatore e la lista potrebbe essere molto più lunga!

Cosa hanno in comune queste Storie?

Tutte si aprono con la sofferenza ingiusta del protagonista e questo genera rapida empatia con il lettore che prova compassione e desidera che la situazione migliori e si risolva

Ma attenzione, questo elemento in comune non è un elemento casuale, ma ha una precisa origine e collocazione storica

Seguimi.

Aristotele nella sua Poetica al capitolo 13° scrive: [buon personaggio](è)[colui il quale passa da buona a cattiva fortuna e che questo mutamento non dipenda da (sua) scelleragine, ma solo da qualche grave errore]*.

Ho letto le varie interpretazioni degli studiosi e convengono tutti su un punto: qui Aristotele introduce il principio dell’hamartia (errore tragico).

Il personaggio ideale secondo Aristotele è quello che per cause a lui esterne ed estranee dalla sua volontà subisce uno stato di sofferenza e disagio: questo stato non voluto ma subìto fa provare al lettore un sentimento di pietà e nello stesso tempo empatia e coinvolgimento (il lettore si immedesima e spera che si faccia giustizia e continua a leggere la storia).

Il principio dell’ hamartia è diventato un caposaldo della narrativa mondiale.

Non a caso i più grandi successi letterari e cinematografici lo hanno usato:

Il Re Leone: Simba (il cucciolo di leone protagonista) rimane orfano del padre che viene attirato dallo zio (cattivo) in un tranello mortale.

Cenerentola: rimane orfana della sua buona e amorevole madre, la nuova matrigna cattiva scatenerà il resto della storia.

Harry Potter: orfano, vive con gli zii costretto a dormire nel sottoscala.

Jane Eyre: orfana inizia vivendo con la zia cattiva e sopportando le angherie dei suoi malvagi cuginetti

Il Gladiatore: passa da una condizione di felicità ad infelicità dopo la scoperta dell’uccisione della sua famiglia

Il Signore degli Anelli: Frodo si trova (non volendo) fra le mani l’anello che gli segnerà per sempre il destino

Quali altri esempi ti vengono in mente?

Cosa ne pensi del contenuto?

Scrivi un commento o una mail a: [email protected]

Fonte: Aristotele, Poetica – nella traduzione di Manara Valgimigli

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