
Il se vuole sempre il congiuntivo? Teoria, esempi, trucchi per ricordare
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Una volta creato il legame fra eroe e mondo narrativo, passiamo a considerare diversi modi in cui quest’ultimo può svilupparsi.
Il tempo reale in una storia è il tempo “naturale” che riguarda il modo in cui il mondo evolve e favorisce a sua volta lo sviluppo della storia. Tra le migliori tecniche connesse al tempo naturale abbiamo quella delle stagioni, quella delle festività, quella del singolo giorno e quella del limite temporale.
La prima tecnica è quella di associare l’evoluzione della storia all’evolversi delle stagioni, ogni stagione dovrebbe suggerire al pubblico determinate connotazioni riguardo all’eroe o al mondo narrativo.
Mostrando poi il cambio di stagione, potrai esprimere in modo potente la crescita o il decadimento dell’eroe o del mondo.
Se la tua storia presenta tutte e quattro le stagioni, suggerisci al pubblico che stai passando da una storia lineare ad una storia circolare.
Esistono in questo senso due tipi di storie circolari, quella positiva e quella negativa.
La storia circolare positiva associa all’evoluzione della storia il passare delle stagioni e fa culminare la fine della storia solitamente con la primavera o l’estate (stagioni notoriamente più simbolo di allegria e spensieratezza).
La storia circolare negativa associa all’evoluzione della storia il passare delle storie e fa culminare la fine della storia con l’autunno o l’inverno.
A te la scelta: puoi usare uno schema più classico con la storia circolare positiva o negativa o stravolgerli per esempio usare lo schema circolare positivo ma fai coincidere la fine (positiva) con l’inverno, perché no?
Le festività e i riti che le caratterizzano, servono anch’esse a dare significato e ritmo alla storia e mostrarne lo sviluppo, puoi ambientarla durante il periodo natalizio, o di altre festività della tua nazione o di altre, con usanze e riti diversi: le dinamiche umane sono comunque sempre le stesse.
Il giorno unico, o il singolo giorno è un tempo del mondo narrativo molto usato da Dan Brown per esempio.
Questa tecnica presenta un certo numero di personaggi che agiscono nello stesso momento, nello stesso giorno. Lo scorrere inesorabile delle ore fa sì che la narrazione proceda senza sosta, dandole un senso di compressione.
Se si decide di svolgere la storia in sole dodici ore, si crea un effetto imbuto: il pubblico intuisce non solo che ogni intreccio anche secondario si risolverà al termine delle dodici ore, ma anche che più si ci avvicina alla fine più gli avvenimenti subiranno un’accelerazione.
Se si decide di usare un lasso di tempo di ventiquattr’ore, il senso di urgenza diminuisce ma aumenta la circolarità: la giornata finisce ed i cambiamenti che interessano le cose o i personaggi sono ancora più evidenti del normale, visto che la giornata ricomincia come quella precedente (circolarità) ma molte cose sono cambiate.
Nella tecnica del limite temporale viene detto al lettore fin dall’inizio che l’azione dovrà essere completata in un dato lasso di tempo temporale.
E’ una tecnica molto usata nelle storie d’azione, nei thriller più in generale.
La presenza del limite temporale ti garantisce una buona spinta narrativa ed un ritmo sostenuto, ma certamente a discapito della struttura narrativa e della ricerca del dettaglio.
C’è da dire a sostegno di questa tecnica che essa crea inoltre un effetto imbuto ancora più travolgente di quello prodotto dal singolo di dodici ore.
Il limite temporale è in genere collegato ad un singolo posto in cui alla fine tutti i personaggi convergono.
Una bella variante del limite temporale è la storia di viaggio. Finisce quando si raggiunge la meta, ma tutto quello che accade durante il viaggio appunto da modo al narratore di dare pieno sfogo a tutte l’armamentario narrativo.
In ogni racconto il tempo è un tempo costruito partendo dal tempo psicologico e non da quello cronologico, un tempo soggettivo a cui il narratore conferisce apparenza di oggettività.
Il tempo passa in fretta quando siamo felici, o siamo immersi in esperienze intense o esaltanti che ci prendono e ci assorbono, viceversa sembra allungarsi all’infinito quando aspettiamo, soffriamo per una condizione particolare (di solitudine, attesa, aspettativa per qualcosa che deve o non deve accadere) abbiamo una coscienza diversa del trascorrere che, appunto, vorremmo che si accelerasse e invece sembra ostruirsi, ritardare, fermarsi.
Come gestisci il tempo nei tuoi racconti?
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Buon giorno, ho letto del tempo narrativo, la domanda era il flashback come viene considerato:
tempo un giorno o anche alcuni giorni in crescendo narrativo, ma includendo un tempo passato…ecc
Ciao Dalmazio, grazie per il tuo commento il flashback non rientra fra i casi visti, ma può essere accostato a qualsiasi di essi
Ehm…non saprei…nessuno di quelli sopra credo. Il mio romanzo finirà quando avrò raccontato tutto ciò che avevo da raccontare.
Nei racconti, che sono molto brevi, seguo una linea temporale cronologica, quasi mai costringendola in un arco temporale predefinito. Questo perchè non seguo mai una struttura e parto da un’immagine da cui si sviluppa il tutto.
Nell’unico romanzo scritto invece ho stabilito già a priori di ambientarlo durante i quattro mesi estivi del 77 perchè la storia aveva bisogno di un arco temporale ben preciso.
ciao Andrea grazie per il tuo prezioso contributo !
Ciao Donato, nei miei libri fantasy il tempo è solo un’illusione assoluta sulla quale i personaggi nutrono di certezze illuse la loro esistenza, il loro interagire rispetto all’ambiente che si propone di volta in volta. Si, lo so è un escamotage che stravolge tutti i canoni classici.. Ma il bello del gioco consiste nel saper adattare di volta in volta tizio e caio e sempronio alla variabile impazzita.
ciao Massimo, grazie per il tuo contributo al mio articolo!
Grazie Donato,
Come sempre ci solleciti con spunti e riflessioni interessanti.
Oggi però preferisco scherzarci su, perché è tempo di tornare a ridere o almeno sorridere. Non se ne può più!
Il tempo non passa in fretta solo quando si è felici. Basta mettersi al computer e incontrare un ostacolo…
Quello è il tempo indefinito, circolare, inquieto, alla ricerca di soluzioni che gli altri ti prospettano troppo in fretta per capirle e farle funzionare.
Ed è subito sera.
E il giorno è passato. Lo scritto è incompiuto, nuove mail sono arrivate… Tutto sospeso.
Buona Pasqua.
A presto.
Sono su Facebook come Terry Lezzi. Sempre io
ciao Maria Teresa!
Ciao Donato,
leggendo questo articolo mi sono resa conto che non avevo mai fatto caso a come gestisco il tempo narrativo. E mi sono accorta che in quasi tutti i miei racconti parto da un momento che apparentemente è molto, molto lontano dalla storia vera e propria e che solo durante la narrazione appare al lettore come il minuto, l’attimo esatto da cui tutto ha avuto origine. Penso che per rispondere alla tua domanda, potrei dire che uso il “tempo naturale” perché lascio che i fatti si svolgano in un lungo periodo, dove la vita e i suoi cambiamenti sono il palcoscenico della storia. Però in alcuni racconti uso anche il tempo delle stagioni. Mi serve appunto per dare a chi legge la percezione quasi “sensoriale” del passare del tempo. Mi piace molto in questi casi, curare le descrizioni, visive…colori, termiche…mostrare l’abbigliamento dei protagonisti o i brividi e i muscoli intirizziti se l’azione si svolge d’inverno. Tra i racconti che sto scrivendo per la prossima pubblicazione, ne ho uno solo che si svolge tutto in un arco temporale di pochi minuti ma anche in quello, nelle ultime parole, il lettore vede che ciò a cui ha assistito è la realizzazione…di qualcosa che era avvenuto in un tempo lontanissimo e che aveva viaggiato così a lungo proprio per arrivare a ritrovare quei brevi istanti di compimento.
Ti ringrazio davvero perché mi hai aiutata a diventare consapevole di qualcosa di cui non mi ero accorta e che forse ora potrò governare meglio.
Un caro saluto
Sabina
Ciao Sabina, sempre grazie a te per il tempo che mi dedichi…
Salve Donato, obiettivamente non saprei dirti “a freddo”. Io uso entrambi, nei thriller è ovvio il tempo è delimitato, in altri romanzi posso spaziare però non mi sembra di usare l’arco di un anno, semmai più anni. Il flashback potrei usarlo come temporale perchè se torni indietro per parlare di qualcosa di specifico, racchiudi il tempo nello spazio di ciò che racconti. Ho letto l’estratto di Audible del racconto di Ambrose Bierce. Sì è coinvolgente, certo bisognerebbe leggere tutto il racconto. Hai sempre delle nuove idee, sei bravissimo.
ciao Daida, grazie anche per aver avuto la curiosità di ascoltare il bellissimo racconto di Bierce…
Come gestisco il tempo nei miei racconti? Quando scrivo sono talmente concentrata che spesso il tempo reale e il tempo nel racconto si mescolano facilmente e in un battibaleno diventa unico, così unico, che tutte le volte mi immergo e impersono i vari personaggi con multipli sentimenti; l’euforia, fermento, vivo sentimento, dolore, speranza, fiducia, ardimento, temerarietà, allegria, vivacità, felicità e soprattutto ridere a crepapelle… Etc. etc. etc. Poi, tutto a un tratto, apro gli occhi e mi ritrovo circondata dal tempo reale e allora sorrido compiaciuta. E’ super super irreale, ma allo stesso tempo magnifico!! (Era questo che voleva sapere Donato?) Buona Pasqua anche a Lei… E grazie infinite
ciao Sonia! 🙂 Si era questo grazie per il tuo preziosissimo contributo ed entusiasmo!
esiste un tempo narrativo al di fuori del tempo convenzionale? Non so tempi storici diversi che si vengono a sovrapporre in un terzo tempo accolto in uno spazio a se stante, oppure un tempo infinito che non si conclude in un ciclo di ore lasciando aperte possibilità sospese all’azione dei protagonisti?
il tempo… quanti tipi di tempo ci sono o possono esserci in una narrazione! In uno dei miei racconti il tempo non è indicato pur essendo al centro della storia così come anche lo spazio non è definito una specie di “C’era una volta in un luogo lontano…” Passato o futuro forse presente, allora mi chiedo: il tempo della narrazione può essere anche solo accennato, lasciando al lettore la possibilità di immergere le azioni in una dimensione immaginata da ognuno secondo la propria ispirazione?
Ciao Luca, che intendi per tempo della narrazione solo accennato? Il “c’era una volta in un luogo lontano …” è già un tempo passato ben definito no?
Il tempo passa in fretta quando siamo felici, o siamo immersi in esperienze intense o esaltanti che ci prendono e ci assorbono, viceversa sembra allungarsi all’infinito quando aspettiamo, soffriamo per una condizione particolare (di solitudine, attesa, aspettativa per qualcosa che deve o non deve accadere) abbiamo una coscienza diversa del trascorrere che, appunto, vorremmo che si accelerasse e invece sembra ostruirsi, ritardare, fermarsi.
Ciao Donato,
non avevo ancora notato questo tuo passaggio. Leggendolo ho avuto una folgorazione. Intanto, nella quarta di copertina del libro DISTANZE (in) COLMABILI pubblicato con Voi, in pochi versi dico la stessa cosa. Nel saggio introduttivo al lavoro affronto lo stesso argomento. Che bella combinazione. Un saluto.
ciao Giuseppe, grazie mille per il tuo messaggio mi fa davvero piacere tu abbia notato e apprezzato il passaggio 🙂