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Il mondo del trading in un libro: l’avventura di Antonio Camiletti

8 minuti di lettura

antonio-camilettiAnno 1999.

“Teoria dei sistemi” era uno degli esami più difficili di ingegneria. Il professore era calvo,con gli occhi bluelettrico e ci poneva strani quesiti: “Prendendo una boccata d’aria, qual è la probabilità che inspiriamo una molecola respirata da Albert Einstein?”.In coro tutti ridemmo ma con i suoi calcoli ci dimostròche era quasi uguale ad uno. Risolveva in modo probabilistico qualsiasi tipo di fenomenoevolutivo: dall’istante t0 all’istante t1 succede questo quindi all’istante t2 possiamo aspettarci che accada quest’altro con una certa probabilità o quest’altro ancora con quest’altra probabilità. Sulla lavagna prendevano forma fenomeni aleatori, di evoluzione genetica edi contagio infettivo. Erano studi difficili ma appassionanti con i quali mi sentivo il padrone del mondo.

La sera mi divertivo a programmare microchip per vedere Stream gratis. Tra tutti i canali c’era anche quello finanziario dove scorrevano veloci numeri e percentuali per me incomprensibili. Alcuni numeri erano verdi altri erano rossi ma erano comunque un mistero. Da mesi la borsa macinava segni positivie tutti correvano in banca ad investire i propri risparmi in Tiscali.

Iniziai così a leggere alcuni articoli sul Sole 24 ore acapire come funzionavano gli investimenti e studiare l’analisi tecnica. Seguivo con interesse un campionato di trading che vedeva ai primi posti delle persone capaci di fare il 100% in un mese! Senza essere dei geni in matematica si capiva che erano cifre strabilianti.

Anno 2000.

Perché non provarci? I miei mi finanziarono due milioni a fondo perduto e aprii un conto con il broker Directa. Ricordo ancora il giorno che mi telefonarono per comunicarmi che il conto era operativo: chiusi il mio Startac e mi precipitai a casa.

Nel pomeriggio effettuai la mia prima operazione su un covered warrant Olivetti: appena il prezzo si appoggiò sul supporto a cinque giorni entrai in acquisto sul derivato con tutto il capitale. Dopo venti minuti avevo guadagnato 400 mila lire. In quel preciso momento decisi che il trading sarebbe diventatala mia professione. Non potevo immaginare lavoro più libero: dove voglio, quando voglio, nessun capo e retribuzione proporzionale alle proprie capacità. Ma possibile che era tutto così semplice? Non immaginavo neanche lontanamente a cosa stavo andando incontro.

Sull’onda dell’entusiasmo, abbandonai gli studi per dedicarmi agli investimenti. Dopo tutto lo studio era solo un mezzo per trovare lavoro e io ora un lavoro l’avevo: FACEVO il trader! Operavo nel garage di casa dove avevo una postazione tutta mia e un poster di Bill Gates che, proprio come me, aveva iniziato in un garage. Mi imposi un normale orario di lavoro: 9-13 14-18, dopo tutto il trading era un lavoro come un altro se non per il fatto di contemplare giorni in cui non è il tuo datore di lavoro a pagarti ma sei tu a pagare lui!

Ma il mercato è una specie di essere pensante, se scopre che sei un novizio ti lascia abbondantemente guadagnare per poi fagocitarsi tutto con gli interessi. Ti provoca finché la tua avidità non è al massimo ed è allora che ti dà la mazzata. Senza saperlo stavo salendo su una scala di cartone che ben presto si sarebbe schiantata al suolo.

I giorni seguenti furono meno fortunati e tranne un’operazione su Seat Pagine Gialle da 200 mila lire, finii la prima settimana in rosso con un milione e mezzo di lire sul conto. Mi sforzai di essere ottimista ma allora ignorava il concetto di capitale psicologico. Dopo tutto avevo perso ‘solo’ il 25 per cento del capitale e potevo benissimo recuperarlo ma all’epoca ignoravo anche il concetto di percentuale di recupero.

Nei giorni seguenti continuai ad avere sempre la stessa operatività che ovviamente portava sempre allo stesso risultato negativo. Dopo tre mesi rimasi con 200 mila lire sul conto, lasciai il trading e ripresi l’università.

Nel tempo libero però approfondivo le nozioni necessarie per operare in borsa tra cui la psicologia dei mercati e capii quali furono le vere motivazioni che mi spinsero a giocare in borsa: lo feci per avere l’approvazione dei miei genitori, volevo riscattarmi per tutto ciò che avevano fatto per me mantenendomi per anni all’università. Li avrei fatti felici semplicemente laureandomi ma feci il passo più lungo della gamba.

Anno 2003.

Con la laurea in tasca, tornai all’attacco e su consiglio di un amico decisi di diventare promotore finanziario. Studiai tutto con passione e dopo tre mesi superai l’esame. Presi la cosa molto sul serio: investire i miei soldi era un conto ma investire quelli degli altri era cosa ben diversa. Ancora non mi sentivo all’altezza del compito e quindi la mia prima e unica richiesta alla banca fu quella di sostenere il costo dell’esame Efpa riconosciuto a livello europeo per diventare financial planner. Pensavo fosse normale per un ingegnere informatico senza approfondite nozioni di finanza dover avere una simile preparazione prima di poter consigliare investimenti ma la banca non aveva la mia stessa visione: “Non ti serve un corso di economia. Noi vendiamo prodotti e più prodotti vendi più guadagni” Questa fu la loro risposta. Per una pura questione di coscienza professionale rifiutai il lavoro di promotore.

Anno 2004.

Scoraggiato dal sistema tutto italiano di vendita dei prodotti finanziari scoprii che si stava affacciando all’orizzonte una nuova figura professionale, quella del consulente finanziario indipendente che, senza avere alle spalle una banca che ti paga e a cui dare conto, lavora pagato direttamente dal cliente in totale assenza di conflitto di interesse. Aprii partita iva e con un piccolo investimento trasformai il mio garage in un accogliente studio di consulenza finanziaria indipendente. Ma dopo alcuni mesi mi accorsi che senza un parco clienti nessuno è interessato al tuo lavoro: perché pagare per avere ciò che in banca ti danno gratis?

Anno 2006.

Decisi di tornare al principio e riprendere a fare ciò che avevo lasciato: il trader. Volevo entrare nel giro dei trader professionisti, quelli che guadagnano milioni di euro l’anno. Volevo sapere tutto di loro ma soprattutto volevo sapere quali erano le LORO strategie vincenti. Dopo alcune ricerche su internet scovai una trading room il cui responsabile era della mia città. Era un tipo sveglio, vestito sempre in giacca e cravatta. Lavorava da una postazione con doppio monitor, connessione isdn e gruppo di continuità in caso di interruzione di corrente. Sui monitor erano appiccicati post-it colorati: “Compra basso e vendi alto”, “Trend is your friend”, “Taglia le perdite, lascia correre i profitti”, tutte frasi accattivanti ma completamente inutili per chi non ha un dettagliato piano di trading. Lavorava sul Dax con un contratto alla volta e con la sua strategia ‘contrarian’ portava a casa fino a cinque milioni al mese. Un giorno mi presentò un suo amico, un ex promotore finanziario che si era arricchito aprendo numerose filiali di una banca di nuova concezione chiamata Fineco. Cappellino all’indietro, pinocchietto e scarpe da ginnastica, mi disse che aveva due lauree e che aveva lasciato il lavoro di promotore per dedicarsi completamente al trading sui titoli del mercato americano. Ogni giorno ispezionava migliaia di grafici per scovare i ‘tenbagger’, titoli che in poco tempo moltiplicano il loro valore per 10. Muoveva centinaia di migliaia di euro e quel giorno aveva appena finito di lavorare: 4.500 euro lordi che al netto delle tasse erano 4.000 euro puliti: “Per questo mese ho smesso di lavorare mi disse, ed era solo il 14 luglio.

La cosa mi fece riflettere molto. Come era possibile che due persone completamente diverse, che utilizzavano strumenti diversi su mercati diversi con strategie diverse potevano essere profittevoli? Forse era proprio questa la chiave di lettura: ad ogni trader la SUA strategia. Nel corso dei mesi le cose si fecero sempre più chiare e capii che avere una strategia qualsiasi non basta ma bisogna plasmarsi la propria strategia in base alla propria personalità. Solo così è possibile avere la disciplina necessaria per seguire la strategia nel corso degli anni.

Continuai a studiare i mercati e a plasmare sempre di più la mia strategia sulla mia personalità calma e riflessiva ma le mie operazioni di trading erano ancora caratterizzate da forti guadagni seguiti da notevoli perdite. Ogni volta che ottenevo dei buoni risultati seguivano perdite consistenti che alteravano il mio capitale psicologico provocandomi stress e mancanza di lucidità.

Anno 2009.

Capii che dovevo raffinare la mia strategia. Fu così che iniziai seriamente a studiare un argomento che avevo sempre trascurato e verso cui oggi nutro il massimo rispetto: il money management. Quello fu l’anello mancante che chiuse il cerchio: dopo dieci anni di studi e tentativiero finalmente un trader profittevole.

Oggi

Faccio trading per l’unico motivo per cui bisogna fare trading: guadagnare. Continuo a migliorare il mio sistema con metodi statistici per tenere sempre sotto controllo il rischio e poter praticare con questo meraviglioso lavoro ancora per molti anni. Con il mio libro TRADING PROBABILISTICO, pubblicato con Youcanprint Self-Publishing, ripercorro il lungo viaggio che mi ha portato alla professione di trader nella speranza di far risparmiare tempo e soldi a tutti quelli che, come me, hanno deciso di ESSERE un trader.

Antonio Camiletti


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