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La lingua italiana è ricca e varia, ma anche piena di insidie e difficoltà. Una di queste riguarda la coniugazione dei verbi, soprattutto quelli irregolari o difettivi, che spesso creano dubbi e incertezze anche ai più esperti.
In questo articolo vogliamo presentarti una lista dei 14 verbi più difficili da coniugare, spiegandoti le regole e i trucchi per usarli correttamente. Si tratta di verbi che hanno forme strane, eccezioni, doppie possibilità o significati diversi a seconda della coniugazione. Vediamo insieme quali sono e come coniugarli.
Si tratta di un verbo derivato da cedere e, per questo motivo, segue la stessa coniugazione del verbo originario. Il passato prossimo si forma con l’ausiliare avere e il participio passato acceduto. Per esempio:
Ho acceduto al sito con la mia password.
Per quanto riguarda il passato remoto, è importante notare che alcune persone hanno due forme possibili, entrambe valide: io accedei/accedetti, egli accedé/accedette, essi accederono/accedettero.
La risposta corretta è benedicevo. Il verbo benedire deriva da dire e quindi all’indicativo imperfetto fa: io benedicevo, tu benedicevi, egli benediceva, ecc.
Un trucco per coniugare correttamente questo verbo è ricordarsi che segue la stessa coniugazione del verbo dire, salvo per la seconda persona dell’imperativo, dove la forma corretta è benedici e non benedi’:
Signore, benedici il pane e il vino che stiamo per consumare.
Lo stesso vale per gli altri composti di dire, come maledire, disdire, predire, ecc. Le fonti principali confermano questa regola e sconsigliano l’uso, soprattutto nella scrittura, delle forme popolari come benedivo o maledivo, nate seguendo il modello della coniugazione regolare dei verbi in -ire.
Il verbo cuocere presenta alcune difficoltà nella sua coniugazione, soprattutto per quanto riguarda il passato remoto e il participio passato.
Il passato remoto di cuocere ha le seguenti forme: “io cossi, tu cuocesti o cocesti, egli cosse, noi cuocemmo, voi cuoceste o coceste, essi cossero.” Per esempio:
Cossi la carne per due ore a fuoco lento.
Cossero le verdure a vapore per conservarne le proprietà nutritive.
Il participio passato di cuocere è cotto, mentre la forma cociuto è ormai desueta. Si usa anche come aggettivo, per indicare qualcosa che è stato sottoposto a cottura. In questo caso, il participio passato si accorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce. Per esempio:
Verdure cotte o crude: come è meglio consumarle?
Non solo convenire, ma anche altri verbi formati con il verbo venire, come intervenire, avvenire, divenire, prevenire e svenire, possono suscitare incertezze nell’enunciazione del passato remoto. Per evitare errori, devi sapere che tutti questi verbi seguono la stessa coniugazione del verbo base, il quale al passato remoto ha le seguenti forme: io venni, tu venisti, egli venne, ecc.
Quindi, il passato remoto di convenire sarà “io convenni, tu convenisti, egli convenne, noi convenimmo, voi conveniste, essi convennero“.
I due litiganti convennero di risolvere la questione in tribunale.
Noi convenimmo che era meglio partire il giorno dopo.
Il motivo per cui alcune persone pensano che il passato remoto di convenire sia convenii deriva dalla convinzione che i composti di venire si coniughino come i verbi regolari in -ire, basandosi su una logica di questo tipo: io dormii, tu dormisti = io convenii, tu convenisti. Questo è un errore, perché i composti di venire sono irregolari.
Il verbo dare ha alcune peculiarità nella sua coniugazione, in particolare per quanto riguarda il passato remoto, che si coniuga così: io diedi, tu desti, lui/lei diede, noi demmo, voi deste, loro diedero.
Il passato remoto di dare ha anche delle forme alternative, che sono: io detti, tu desti, lui/lei dette, noi demmo, voi deste, loro dettero. Si tratta di forme meno usate e più arcaiche di quelle precedenti, ma non per questo sbagliate. Sono nate nel Quattrocento per l’influsso di stetti, passato remoto di stare.
Parlando del participio passato di esigere, non bisogna farsi trarre in inganno dalla forma regolare “esigito”, in quanto quella corretta è “esatto“. Per capire il motivo di questa particolarità, basta sapere che il verbo esigere viene dal latino èxigo, che aveva tra le sue forme un exctum, da cui deriva il participio passato esatto.
È bene precisare che il termine “esatto”, nel contesto verbale menzionato, viene utilizzato esclusivamente nel linguaggio burocratico, con il significato di “riscosso”. Per esempio:
Il creditore ha esatto (riscosso) il pagamento del debito entro il termine stabilito.
L’aggettivo esatto ha la stessa origine del verbo esigere ma il suo significato è completamente diverso, in quanto viene usato per indicare qualcosa che è preciso, giusto, non riscosso.
Esatto può essere usato anche come avverbio, col valore di “precisamente”, “certamente”, per rispondere affermativamente a una domanda o per confermare la verità e la precisione di una affermazione. Per esempio:
Sei venuto in treno? Esatto!
Un altro verbo che può generare confusione riguardo al suo participio passato è “incutere”, che significa ispirare, provocare o infondere un sentimento, quasi sempre di tipo negativo. Per esempio, si può incutere timore, soggezione, spavento, ma anche rispetto, a qualcuno.
Dato che il verbo incutere è poco utilizzato, molti pensano che il suo participio passato non esista oppure azzardano delle ipotesi, come incussito. Invece, il participio passato di incutere è “incusso” (Ha incusso terrore ai suoi nemici), come quello di discutere è discusso e quello di escutere è escusso. Tutti questi verbi derivano dal latino quătĭo, che significa scuotere, e al participio passato conservano la terminazione “cusso“.
Pur essendo molto comune nell’uso quotidiano, anche il verbo iniziare alle volte può causare un certo imbarazzo. In particolare, possono sorgere dei dubbi riguardo al suo uso come intransitivo.
Un tempo, “iniziare” si usava solo come verbo transitivo (Abbiamo iniziato la lezione alle nove), o come intransitivo pronominale, cioè come un verbo che non richiede un complemento oggetto, ma si accompagna con un pronome riflessivo che concorda con il soggetto (Il film s’inizia alle dieci).
Sotto l’influsso del verbo “cominciare”, iniziare è stato adoperato anche come verbo intransitivo, senza l’uso della particella pronominale, e con l’ausiliare “essere”:
La lezione è iniziata da un quarto d’ora.
L’uso del verbo iniziare come intransitivo è ormai accettato, pertanto non esitare e utilizzalo tranquillamente, senza paura di commettere errori.
Nella lista dei verbi difficili da coniugare non poteva mancare nuocere, caratterizzato dalla presenza di due forme possibili per alcune persone del presente indicativo (io nuoccio o noccio, noi nuociamo o nociamo, voi nocete o nuocete, essi nocciono o nuocciono).
Anche la coniugazione del passato remoto può essere ostica, ma basta un po’ di pratica per superare le difficoltà. Le forme corrette sono: “nocqui, nocesti, nocque, nocemmo, noceste, nocquero“. Il participio passato, invece, è “nociuto”.
Il fumo ha nociuto alla sua salute.
Come per il verbo splendere, il quesito è molto frequente sul web. La risposta, in effetti, non è immediata e si ha quasi l’impressione che si tratti di una domanda trabocchetto. In verità, è importante sapere che il participio passato di prudere non esiste.
Il motivo è presto spiegato: “prùdere” rientra nella categoria dei verbi difettivi, ossia quei verbi che sono privi di alcuni modi, tempi o persone verbali. I tempi mancanti, nel caso di prudere, sono il participio passato e il participio presente. Per questo motivo, non si possono formare i tempi composti.
Parlando del passato remoto, le forme corrette, per quanto poco usate, sono: “io prudei o prudetti, tu prudesti, lui/lei prudé o prudette, noi prudemmo, voi prudeste, loro pruderono o prudettero“.
Ci prudemmo gli occhi per la sabbia.
La particolarità che si riscontra nel verbo riflettere è l’esistenza di due forme possibili per il passato remoto: riflettei e riflessi. Queste forme sono entrambe corrette ma hanno un significato diverso. Riflettei si usa per esprimere il senso di considerare, meditare. Per esempio:
Riflettei sulla mia situazione e decisi di cambiare lavoro.
Riflessi, invece, si usa con il significato di mandare riflessi, rispecchiare:
Il sole riflesse i suoi raggi sul lago.
Il participio passato segue la stessa regola: riflettuto (ma con questo significato si preferisce usare ponderato) e riflesso.
La prima persona dell’indicativo presente può avere diverse forme: soddisfàccio/soddisfo/soddisfò. Tutte e tre sono corrette, ma la terza è poco usata. Da cosa dipende questa varietà di forme? Di solito, i verbi che derivano da fare, come assuefare, contraffare o sopraffare, mantengono la coniugazione del verbo base (ad esempio, assuefaccio, contraffarò, sopraffatto, ecc.).
Solo due verbi composti, nello specifico disfare e soddisfare, hanno acquisito delle forme proprie non solo per il presente indicativo, ma anche per il congiuntivo (che io soddisfaccia/soddisfi), il futuro (io soddisfarò/soddisferò) e il condizionale presente (io soddisfarei/soddisferei).
Anche il verbo solere può dare del filo da torcere, come si suol dire. La coniugazione corretta del presente indicativo è la seguente: “io soglio, tu suoli, egli suole, noi sogliamo, voi solete, essi sogliono“. Il passato remoto è poco usato e ha forme irregolari (solei, solesti, ecc.). Il participio passato è “sòlito“.
Siamo arrivati all’ultimo verbo della nostra lista dei 14 verbi più difficili da coniugare, ovvero succedere, che ha due forme per il participio passato: succeduto e successo. Entrambe sono corrette, ma la scelta di usare l’una piuttosto che l’altra dipende dal significato del verbo.
Succeduto si usa per esprimere il senso di “subentrato, seguito”. Per esempio:
Gli è succeduto al comando.
Successo si usa con il significato di “accaduto, avvenuto”:
Non so cosa sia successo.
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