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Considerata una delle più importanti moderniste del ventesimo secolo, Virginia Woolf fu una scrittrice, saggista, critica ed editrice inglese impegnata nella lotta per la parità dei diritti tra uomini e donne.
Scopriamo insieme la biografia di Virginia Woolf e la vita di questa straordinaria scrittrice.
Adeline Virginia Stephen nacque a Londra il 25 gennaio 1882 da famiglia benestante. Il padre, Sir Leslie Stephen, era un famoso storico, alpinista, critico letterario e filosofo del suo tempo mentre la madre, Julia Prinsep-Stephen, era una rinomata modella. Insieme alla sorella Vanessa, ebbe libero accesso all’istruzione partecipando a lezioni private di greco, latino e consultando la fornitissima biblioteca paterna, una vera rarità per le giovani donne dell’epoca.
Frequenti erano anche gli incontri e le occasioni di confronto con grandi personalità come Henry James e Thomas Hardy che frequentavano spesso la casa dei genitori.
I migliori ricordi d’infanzia, però, non sono legati all’abitazione di Londra ma alla casa delle vacanze di St. Ives, in Cornovaglia dove la famiglia trascorreva tutte le estati fino al 1895, anno della prematura morte della madre. L’evento, associato alla dipartita della sorellastra Stella, di quella del padre nel 1904 e ai ripetuti tentativi di abusi sessuali da parte dei fratellastri George e Gerald Duckworth, provocò in Virginia il primo di una ripetuta serie di esaurimenti nervosi.
Dopo un breve ricovero, conobbe i fondatori del gruppo Bloomsbury, un ciclo letterario noto per fama e di cui presto entrò a fare parte. Tra i partecipanti spiccavano il critico d’arte Clive Bell, che sposò Vanessa, il romanziere E.M. Forster e l’editore e giornalista Leonard Woolf, divenuto marito di Virginia nel 1912.
Con il matrimonio, i problemi di salute mentale della scrittrice inglese sfociarono in un disperato tentativo di suicidio. Nonostante le iniziali divergenze, la coppia decise di lasciare Londra per andare ad abitare nel Sussex, in un luogo tranquillo, ritirato e circondato dal verde. Fondarono la Hogarth Press, una casa editrice che pubblicò le opere della stessa Woolf, ma anche di T.S. Eliot, Laurens van der Post e altri.
Nel 1922 Virginia Woolf incontrò Vita Sackville-West, una scrittrice con la quale intraprese un’intensa relazione amorosa. Fu grazie a questa esperienza che l’autrice inglese si rese conto che l’amore non ha un’unica sfaccettatura ma muta come le persone. È l’unica forza che spinge al cambiamento, obbligando il soggetto a conoscere se stesso. Anche dopo la fine del loro rapporto, le due donne rimasero in ottimi rapporti.
Nel frattempo, l’autrice londinese si dedicò alla scrittura e alla pubblicazione di nuove opere, ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale peggiorò le sue condizioni di salute, aumentando gli episodi di crisi d’ansia e insicurezza.
Il degrado, le strade distrutte e la precarietà del periodo, cominciarono a spaventare Virginia al punto di sentire le voci nella testa. Erano perlopiù maschili e le dicevano che era inutile e terribile. Venne ricoverata ancora una volta e sottoposta a massicce dosi di tranquillanti e alla terapia del sonno, molto in voga a quel tempo. La pratica consisteva nell’alimentare i pazienti con solo grasso animale e latte in una stanza buia, senza poter comunicare con il mondo esterno né in modo verbale né per iscritto.
L’autrice inglese alternava momenti di grande allegria e ispirazione letteraria a periodi di depressione intensa, in cui diventava aggressiva, crudele e offensiva (si narra che sputasse addosso al marito e che un giorno si fosse convinta che Edoardo VI, morto ormai da oltre 20 anni, si sarebbe recato a cena da loro).
Nei suoi diari raccontava quanto fosse affascinante e divertente essere fuori di testa (bipolari), perché le permetteva di trarre spunti per nuovi romanzi. Tuttavia, la paura di impazzire spinse la scrittrice a compiere un gesto estremo: il 28 marzo 1941, indossò il soprabito, riempì le tasche con delle pietre e si immerse nelle acque del fiume Ouse, vicino casa propria morendo annegata.
Lasciò due biglietti d’addio alle due persone che contarono davvero tanto nella sua vita, il marito e la sorella Vanessa, spiegando loro che il suicidio era frutto della propria incapacità di combattere contro la perdita di lucidità mentale e del timore di dover affrontare in solitudine la follia. Il corpo venne rinvenuto poco meno di un mese dopo l’accaduto. Il marito decise di cremare la salma e di seppellire le ceneri sotto un olmo nel giardino di Monk’s House.
Considerata un’outsider per la sua personale visione del ruolo della donna nella società, Virginia Woolf fu una vera e propria pioniera del femminismo dei primi anni del Novecento. Attraverso la propria letteratura, forniva una visione precisa e chiara dell’indipendenza delle donne, rivoluzionando il modo di pensare e di agire. Nello specifico, nel romanzo Una stanza tutta per sé (1929), ritenuto un grande grido di battaglia femminista, la Woolf trattò il tema della discriminazione, condannando quel sistema che riconosceva l’uomo come essere superiore.
Si rese conto inoltre che il denaro, l’assenza di esso o l’impossibilità di controllarlo, divideva i due generi. L’indipendenza economica avrebbe, in qualche modo, pareggiato i conti, un po’ come accade ai giorni nostri, anche se esistono ancora discriminazioni sulla percezione del reddito. Nel provocatorio Le tre ghinee (1938), l’autrice criticò la guerra e il fascismo da un punto di vista femminista ma è con Orlando che la sua visione della donna prende corpo anche sul piano sentimentale.
La scrittura di Virginia Woolf subì negli anni diversi mutamenti, quasi a rappresentare ogni fase della sua vita. Rifiutò le tecniche di scrittura tradizionali per lasciare spazio a un sistema sperimentale basato sull’esplorazione della psicologia dei personaggi.
Come James Joyce e altri suoi contemporanei, comprese che la narrazione degli eventi seguendo un preciso ordine cronologico fosse ormai un modo superficiale e imperfetto per presentare la vita. Ne La camera di Jacob (1922), romanzo dedicato alla scomparsa prematura del fratello Thoby, il cambiamento di stile è molto evidente: la sequenza temporale è alterata e stravolta, lasciando che la storia del protagonista venisse raccontata dai ricordi delle persone che lo avevano conosciuto, con continui spostamenti dei piani della narrazione. Pertanto, si passa dagli anni trascorsi a Cambridge alle relazioni amorose passate, dai viaggi in Francia e Grecia allo scoppio della Grande Guerra.
Abbracciando un nuovo stile e dando voce al mondo interiore dell’uomo attraverso il flusso di coscienza (concepito come un continuo divenire di emozioni ed impressioni), Virginia Woolf ha ispirato generazioni di scrittori successivi. Questa visione moderna di vivere la scrittura è molto più evidente ne La Signora Dalloway, dove la dimensione del quotidiano (costituita da fatti semplici come fare la spesa, incontrare delle persone e i pensieri estemporanei) si intreccia con ricordi e immagini del passato. Ciò che conta dunque non è l’ordine cronologico degli eventi ma il tempo psicologico, quello cioè partorito dalla mente dei personaggi, in cui passato, presente e futuro si sovrappongono.
La figura del narratore onnisciente, pertanto, lascia spazio al punto di vista del personaggio in una sequenza di flashback, associazioni di pensieri, emozioni ed impressioni temporanee: ciò che l’autrice definisce stream of consciousness ovvero flusso di coscienza e che differisce molto dallo stile di James Joyce, perché non utilizza le epifanie ma narra le sue storie in terza persona mantenendo un certo ordine grammaticale e logico.
Scrittrice brillante, audace e innovativa, ha contribuito a rivoluzionare la letteratura, ergendosi a pilastro del modernismo inglese. Affrontando tematiche attuali come l’ansia, la difficoltà di comunicazione, la solitudine, la malattia mentale, i pregiudizi nei confronti delle donne ha fatto in modo che venissero esplorati nuovi orizzonti mai affrontati in precedenza (soprattutto al femminile).
Lo stile di Virgilia Woolf è unico, intimo, privato e nasce dopo anni di sconvolgimenti segnati dalle morti premature dei genitori e di due fratelli, dallo scoppio della Grande Guerra e da quella Spagnola. I romanzi dei primi anni Venti hanno il compito di raccontare non solo il mondo interiore dei personaggi ma anche il profondo cambiamento del lettore che ha così modo di riflettere e meditare su ciò che accade dentro e attorno a lui.
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