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5 miti da sfatare sul Self Publishing

8 minuti di lettura 20 Commenti
miti sul self publishing

Sono ancora tempi duri per essere un self-publisher in Italia. A distanza di 13 anni dalla fondazione di Youcanprint, ancora oggi leggo mail o post di autori e autrici che si vedono negata una recensione su un blog, la partecipazione ad un corso, una presentazione in libreria perché il loro libro è auto-pubblicato.

Questo articolo è per voi, ma spero che lo leggeranno soprattutto tutti coloro che sono ancora vittima di cliché, bias, pregiudizi nei confronti della più grande rivoluzione in atto nell’editoria dai tempi di Gutenberg.

Ciò che accade ai selfpublisher di oggi è assolutamente normale. Ogni volta che in un sistema si introduce un cambiamento, chi è parte del sistema continua a respingere il cambiamento in tutti i modi, prima denigrandolo, poi contrastandolo, fino poi a cedere definitivamente sotto il suo peso. 

È stato così per l’iPhone (Steve Ballmer, il ceo di Microsoft all’epoca affermò che “iPhone non ha speranze”) o per Tesla (tutte le grandi case automobilistiche dichiararono che non era un fenomeno, che non sarebbe durato) e potrei citare migliaia di altri esempi.

A tutti i self publisher voglio ricordare una meravigliosa frase del Mahatma Gandhi che può aiutarmi a riassumere qual è il messaggio che voglio trasmettere:

“Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci.”

Questo è ciò che sta accadendo ai self publisher all’interno del mondo editoriale. 

Tredici anni fa semplicemente vi ignoravano, poi dopo qualche anno librai, blogger e intellettuale da salotto vi deridevano, ora è la fase in cui vi combattono. Se terrete duro abbastanza a lungo, vincerete. Siete destinati a vincere.

Per poter affrontare meglio la battaglia cerchiamo insieme di disinnescare tute le armi che il sistema usa per potervi combattere. 

Iniziamo.

Il selfpublishing è come l’editoria a pagamento

Questo mito è uno dei più duri a morire. Dire che il self publishing è come l’editoria a pagamento è un ossimoro. 

Nell’editoria a pagamento un autore paga migliaia di euro a un editore (che non dovrebbe essere pagato) per pubblicare il proprio libro, cede tutti i diritti all’editore come intermediario del mercato e ha una % di profitto estremamente bassa. 

Nel self publishing un autore è editore di sé stesso, pubblica gratuitamente, non cede i diritti, perché non vi è nessuna intermediazione col mercato, e l’autore trattiene la maggior parte dei profitti. Vi sembrano ancora uguali?

Questo argomento è usato dai blogger o dagli intellettuali per dividere il mondo dell’editoria in editori puri ed eletti da tutto il resto. La realtà dei fatti è che (purtroppo) la dicotomia è piena di scale di grigi. 

Gli editori a pagamento in Italia sono tantissimi (anche tra i nomi illustri) e comunque anche se volessimo sorvolare su questo aspetto non è come pubblico un libro che ne determina il valore ma il libro stesso. 

Posso anche pubblicare con una grande casa editrice un libro pessimo, questo non lo renderà migliore e sappiamo quanti libri pessimi di grandi marchi arrivino in libreria. 

Citando De Gregori

Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia“.

Smettiamola di giudicare i libri dal modo in cui vengono pubblicati altrimenti moltissimi di quelli che oggi sono chiamati “classici” non sarebbero mai stati letti, perché pagare per pubblicare non è certo una novità, altrimenti non avremmo avuto Alexandre Dumas, Marcel Proust, Stephen King, Edgar Allan Poe etc. 

È il momento di usare una falsa argomentazione per nascondere un pregiudizio.

Chi pubblica in self publishing è uno sfigato

Non esiste un argomento più spocchioso di questo. Etichettare come “sfigato” un self publisher è etichettare come un errore o un fallimento chi ha talento, inventiva, coraggio, intraprendenza, passione, amore per ciò che fa.

Etichettare qualcuno per denigrarlo è tipico di chi non alcun argomento da utilizzare se non l’arroganza e la violenza verbale.

Se qualcuno vi rivolge questo epiteto ricordategli che se chi pubblica in self publishng è uno sfigato allora siete orgogliosi di essere sfigati come:

  • Margaret Atwood
  • Frank Baum
  • William Blake
  • Ken Blanchard
  • Robert Bly
  • Beatrix Potter
  • Alfred, Lord Byron
  • Willa Cather
  • Julia Cameron
  • Pat Conroy
  • Stephen Crane
  • Charles Dickens
  • Roddy Doyle
  • W.E.B. DuBois
  • Alexander Dumas
  • T.S. Eliot
  • Lawrence Ferlinghetti
  • Benjamin Franklin
  • Lisa Geova
  • Zane Grey
  • Thomas Hardy
  • E. Lynn Harris
  • Nathaniel Hawthorne
  • Ernest Hemingway
  • Robinson Jeffers
  • Spencer Johnson
  • James Joyce
  • Rupi Kaur
  • Stephen King
  • Rudyard Kipling
  • Louis L’Amour
  • D.H. Lawrence
  • Rod McKuen
  • Marlo Morgan
  • William Morris
  • John Muir
  • Anais Nin
  • Thomas Pain
  • James Patterson
  • Tom Peters
  • Edgar Allen Poe
  • Alexander Pope
  • Beatrix Potter
  • Sergio De La Pava
  • Ezra Pound
  • Marcel Proust
  • Irma Rombauer
  • JK Rowling
  • Carl Sandburg
  • Robert Service
  • George Bernard Shaw
  • Percy Bysshe Shelley
  • Upton Sinclair
  • Arthur Schopenhauer
  • Gertrude Stein
  • William Strunk
  • Alfred Lord Tennyson
  • Henry David Thoreau
  • Leo Tolstoy
  • Mark Twain
  • Andy Weir
  • Walt Whitman
  • Virginia Woolf
  • WB Yeats

Tutti questi autori famosi diventati dei mostri sacri della letteratura mondiale erano self publishers. 

Che piaccia o meno ai benpensanti da salotto, ai librai intellettuali, agli editori eletti, la storia dell’editoria è piena di autori rifiutati, che si sono autoprodotti per diventare poi delle divinità. 

Questo non significa che ogni libro autopubblicato diventerà un classico, ma data la lunga fila di errori da coloro che erano predisposti a cercare il talento nell’editoria, ci penserei almeno 2 volte prima di etichettare qualcuno che ha scritto un libro e si autoproduce come uno sfigato. Io vi avevo avvertiti.

I selfpublisher non sono veri scrittori

Questa argomentazione è molto simile a quella precedente se non per il fatto che nasconde una sottile e dura convinzione a morire: per fregiarsi di essere scrittori bisogna aver scritto un capolavoro o bisogna essere stati scelti da un grande editore e così via con fesserie simili. 

Su questo voglio essere assolutamente chiaro: chiunque abbia una storia da raccontare è uno scrittore. Non esiste un club, un esame da superare, una cerimonia, una benedizione da ottenere per poter usare quel sostantivo. 

Se avete scritto un libro siete scrittori, punto. Non c’è altro da aggiungere. Non abbiate paura di usare questa parola, anzi siatene orgogliosi. Non esiste autorità che debba concedervi un passaporto da scrittore se non voi stessi. 

I lettori potranno concedervi il successo se lo meritate, ma scrittori lo siete già nel momento in cui avete messo il punto sul vostro primo libro, sulla vostra prima storia o poesia.

Chiunque pensi il contrario altro non è che il retaggio di un’epoca che è al tramonto. Salutatelo con la dovuta cortesia e passate oltre.

I selfpublishers sono autori scartati dalle case editrici

Insieme alle due precedenti questa argomentazione costituisce trinità dei pregiudizi degli intellettuali di professione. 

Questo mito si basa sull’idea che l’autore ripiega sull’auto-pubblicazione, perché scartato da una casa editrice ed essendo stato scartato, automaticamente significa che non è un vero scrittore e che l’opera non è valida. 

Non ripeterò il lungo elenco di mostri della letteratura che sono stati “scartati” che ho citato prima, ma mi limiterò a ragionare su un fatto: questa argomentazione poteva essere vera 13 anni fa.

Quando abbiamo iniziato con Youcanprint gli autori venivano da cattive esperienze o dall’impossibilità di pubblicazione con le case editrici, perché scartati appunto o perché non avevano mai avuto nessuna risposta. 

Dopo 13 anni di self publishing tutto questo non esiste più.

Chi si autopubblica ora lo fa con consapevolezza e autorevolezza bypassando l’editore di cui non sente più l’esigenza o il bisogno.

Quindi, dico a librai o giornalisti di turno, quando pensate a un self publisher come un derelitto inutile, uno sfrido della vera editoria, rifletteteci, perché non avete il diritto di giudicare una persona da un libro che non avete mai letto.

Ma soprattutto potreste sbagliarvi clamorosamente, perché avrete davanti a voi un autore che sa cosa significa fare editoria molto più di un editore tradizionale. Uno scrittore o una scrittrice che hanno scelto la strada del self publishing non per ripiego ma per senso di libertà e amore.

I libri dei selfpublisher sono di scarsa qualità e pieni di errori

Siamo giunti all’ultima delle argomentazioni contro i self publisher, quella che riguarda la qualità. 

Per una buona parte dell’editoria essere pubblicati da un editore certifica la qualità di un libro sia in termini tipografici che editoriali. Inutile dire che non è così. 

Diversi anni fa forse, quando il self publishing era all’inizio, gli autori non erano ancora consapevoli di cosa significasse autoprodursi e di quante attività fossero necessarie (prima svolte da un editore) per pubblicare un libro in maniera professionale. Ma ora è tutto diverso. 

Noi in Youcanprint vediamo autori creare copertine professionali, fare correzione bozze ed editing, impaginazioni in maniera del tutto professionale.

Il self publisher di oggi è consapevole su cosa significa qualità per un lettore e infatti il livello dei libri auto-prodotti è cresciuto esponenzialmente negli anni. 

Volete una prova?

Andate su Amazon e guardate la classifica dei 100 libri più venduti cartacei e digitale, vi sfido (senza leggere i metadati) a individuare subito i libri di un editore e quelli autoprodotti. 

Esatto! Più passa il tempo più questa differenza sta scomparendo e i libri autoprodotti sono in tutto e per tutto perfetti e allo stesso livello di quelli di un editore tradizionale.

Siamo giunti al termine di questa appassionante dissertazione sui miti del self publishing. Mi scuso con i lettori se mi sono fatto prendere la mano e la prosa a volte è risultata appassionata. 

Il fatto è che io sento profondamente tutto questo perché come ceo di Youcanprint ho vissuto tutto ciò attraverso la vita di migliaia di autori e so quanto questi pregiudizi possano ferire nell’animo oltre che essere dannosi per il mercato.

Spero di aver aiutato tutti i self publisher che leggeranno a sentirsi meno soli e a tenere duro. Mi auguri anche, a modo mio, di aver scosso i pregiudizi di coloro che “danno buoni consigli quando non possono dare più il cattivo esempio”.

W il selfpublishing!


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